sabato 8 ottobre 2016

Monterrey - le origini Monterrey - los orìgines




È da diversi anni che, quando vado in Messico, faccio una scappata a Monterrey, capoluogo dello stato di Nuevo León. Una città industrializzata, situata nel nord-est del Messico, popolata di gente lavoratrice e caparbia. Si potrebbe dire una Milano messicana.
Sono molto legata a questa città, non solo per avere vissuto lì durante gli anni del liceo, ma anche per gli origini della mia famiglia materna. Più avanti avrò modo di raccontarvi alcuni aneddoti interessanti.

Questo viaggio mi provoca sempre la solita sensazione d'ebrezza delle gite scolastiche quando si è ragazzi. Abitualmente viaggio in compagnia di mia sorella Lauris. Il giorno della partenza arriviamo sempre in anticipo alla stazione degli autobus, appunto con l'animo di scolarette. Mia sorella come un'ape regina attira i facchini, viaggia molto e la conoscono. Fra di loro si arrabattano per portarle le valigie che sono sempre numerose. Sanno che lei è molto generosa con le mance, io un po' meno...sono diventata italiana.

Partiamo in perfetto orario e così iniziamo il nostro viaggio che durerà all'incirca sei ore. Ore che passano senza avvertirle. Viaggiare con mia sorella è facile: lei con il suo carattere prorompente e io con il mio più mite, troviamo sempre un punto d'equilibrio. Ogni una sceglie il modo migliore di trascorrere queste ore. Se abbiamo voglia di chiacchierare, parliamo, altrimenti guardiamo qualche film nella ben fornita cineteca che propone la linea di autobus Transpais . E per farci sentire proprio dentro un cinema stile multisala, l'autobus si ferma a metà cammino. Dal nulla spunta un venditore di leccornie. Il venditore regolarmente autorizzato indossa l'uniforme dell'impresa e percorre barcollante il corridoio offrendo la sua merce mentre il viaggio continua.


Ad un tratto ci avvolge un profumo... di popcorn, penserete voi! Vi sbagliate: l'ambiente s'impregna del delizioso aroma delle noci. In un attimo la sensibilità olfattiva di mia sorella lo riconosce ed esclama: “Galletas emperador de nuez, ne sono stata assuefatta per mesi!” Appena mi è possibile durante il mio soggiorno in Messico, li acquisto e li assaggio. Delle noci non c'è traccia, è solo aroma, colorante... tutta chimica, ci credo che mia sorella sia diventata dipendente al “emperador”.


Durante il primo tratto di solito mi piace osservare il paesaggio rigoglioso. La mente si riempe di ricordi d'infanzia: i viaggi in macchina col babbo al volante, la mamma accanto e noi cinque figlie che facevamo confusione dentro la grande Cadillac azzurra: la nostra amatissima Batimovil!

Abitualmente sono ospite di qualche nipote. A Monterrey abitano tre dei miei nipoti a cui sono più legata per questioni d'età: Mariana, Jesús e Ale. Sono nati quando io ero ancora una ragazza, e con loro ho imparato le prime nozioni del mestiere di mamma. Negli anni si son sempre prodigati con me e ne sono molto grata.



Questo anno sono arrivata a casa di Ale e suo marito Gerardo, giovane coppia che ha il dono della gentilezza. Ti riempono di attenzione ma allo stesso tempo non ti opprimono e ti lasciano in completa libertà. Gerardo mi mette a disposizione il suo laptop e me lo cede per tutto il tempo che resto da loro. Ale riempe il frigorifero di tutte le cose che mi piacciono e tieni in freezer pietanze cucinate da lei pronte per qualsiasi eventualità. Somiglia tanto al suo babbo, mio defunto cognato Goyo. Se ha ereditato qualcosa da lui per quanto riguarda il mangiare è l'essere così “vasta”; quando la guardo camminare riconosco lo stesso andamento silenzioso di Goyo, il padre. Camminano come non toccassero il suolo... È commovente.



Anche questa volta non è mancata la preparazione della “carne asada” (grigliata), tipica di queste terre. Memorabili quelle fatte da Jesús e Gris in anni precedenti. Quest'anno è toccato a Carlos e Mariana, che non sono stati di meno, bravissimi! Siamo stati tutti insieme in un'allegra tavolata, il tutto innaffiato con dell'ottimo vino e birra fresca. Non sono mancate storielle esilaranti di quando i nipoti erano bambini. Risate a più non posso. La più piccola del gruppo, Barbara, ci ha deliziato dipingendo retratti di tutti quanti, cogliendo sempre il giusto dettaglio che ci rappresentava. Molto perspicace a solo sei anni!






Nei giorni trascorsi a Monterrey è venuta a trovarci Luly, la figlia maggiore della zia Lulú. Con lei abbiamo girato i posti della nostra infanzia e gioventù. È stato come rivivere un film già visto però con sensazioni diverse. Prima di proseguire devo fare un passo indietro e raccontarvi l'origini della mia famiglia materna.

Mia nonna Natalia (Buty) nacque a General Terán, provincia di Nuevo León a circa 100 km da Monterrey. La sua fu una famiglia numerosa, otto fra fratelli e sorelle, tanti altri bambini morti appena nati o durante le gravidanze di mamma Concha. Ne erano nati altri fuori dal matrimonio, incredibilmente assomiglianti a papà Arturo, un vero Don Giovanni di quel tempo.

La mia nonna fu una donna molto moderna per l'epoca; lasciò Gral. Terán molto giovane. Appena sedicenne, dopo aver ottenuto la licenza media, partì per Tampico col diploma d'insegnante. Allora bastavano pochi anni di studio per avere l'abilitazione a insegnare. A Tampico rivide Manuel, un ragazzo di Gral. Terán proprietario di un fornito negozio di ferramenta: El Sello Rojo.



Poco tempo dopo si sposarono. Le nozze religiose vennero celebrate in sordina un trentun Dicembre a mezzanotte. Erano i tempi dei cristeros e le manifestazioni religiose dovevano essere molto limitate e discrete. L'allora presidente del Messico Plutarco Elías Calles conosceva gli sposi (i miei nonni). Aveva perseguito una politica feroce contro la chiesa e aveva persino emanato un decreto noto come Legge Calles con il quale la chiesa veniva privata di tutti i suoi diritti. Egli aveva una grossa proprietà terriera a Gral. Terán: Soledad de la Mota.



Natalia e Manuel ebbero da parte del presidente come regalo di nozze una bellissima statua alta una cinquantina di centimetri, pare d'origine tedesca. La statua, di semplice gesso ma tinta in modo da farla sembrare bronzo, mostra due bambini: una femminuccia che porta in braccio un fascio di fiori e bacche e un maschietto, più piccolo, in punta di piedi, con un ditino in bocca, deliziosi! In seguito fui io a chiedere quel dono alla mia nonna quando mi sposai. Ora riluce meraviglioso nell'ingresso di casa mia, inconsapevole di tutta la storia che si porta addosso.




Mia madre passava tutta l'estate da mamma Concha (sua nonna). Due delle sue zie, Lulú e Alicia, sorelle minori di mia nonna Natalia, erano sue coetanee e passavano insieme le vacanze come fossero cugine o sorelle, divertendosi da matte. Loro si trasferirono a Monterrey una volta sposate. Anche noi quando eravamo bambine e spesso andavamo a Monterrey con la mamma.

Erano vacanze molto divertente solitamente, nonostante fossimo tutte famiglie numerose: trovavamo il modo di stare tutti insieme a casa della zia Lulú che era estremamente generosa. Qualche volta, proprio per mancanza di spazio, qualcuna era costretto a dormire dalla zia Alicia, cosa che non ci piaceva perché la sua famiglia era molto seria e in più avevano dei gatti siamesi che ci facevano paura. Di notte spuntavano dagli armadi con quei occhi azzurri che brillavano nell'oscurità e ci facevano passare notti in bianco atterrite.

Io ero molto fortunata, di solito mi salvavo dall'andare lì perché Luly, la mia cugina più grande, si prendeva cura di me lasciandomi un posticino nel suo letto. Quando l'ho rivista è stato molto emozionante. Luly è stata sempre una donna forte, esuberante, divertente, confusionaria e molto generosa proprio come la sua mamma, la zia Lulú.

Luly è arrivata a bordo di un vecchio pickup di colore rosso alquanto sporco: vive in campagna e non fa caso a questi particolari. Indossava gli shorts, pantaloncini corti molto usati in questa americanizzata città del nord. Sono rimasta molto sorpresa di constatare che dappertutto, in qualsiasi posto e qualsiasi orario le donne indossano gli shorts, incuranti delle regole dell'etichetta. Persino il pomeriggio in cui abbiamo accompagnato mia sorella ad una visita ortopedica in un elegante studio di medici, ho notato che la stragrande maggioranza li indossava. Si pavoneggiavano con la massima naturalezza, nonostante il freddo dell'aria condizionata e - sopratutto - le dimensioni dei suoi sederi. Tutte giovani ma molto grasse. Peccato!

Girare in città con Luly e Lauris era comico. Luly nonostante abbia vissuto tanti anni in città, ha perso familiarità con il traffico intenso e ogni cinque minuti ci perdevamo, causando ardue discussioni con mia sorella. Ma lei non si perdeva d'animo e gira e rigira arrivavamo a destinazione sanas y salvas!

Fuori città si è dimostrata un'eccellente pilota. Una mattina presto siamo partite verso i luoghi della nostra infanzia. Loro due indossando i loro shorts mentre io più condizionata da uno stile di vita conservatore, vestivo alla caprese.



Abbiamo preso la strada nazionale verso Villa de Santiago, una quarantina di chilometri da Monterrey, per visitare un posto chiamato “La cola de caballo” : una piccola cascata che sembra infatti una coda di cavallo. Vorrei ricordarvi che Monterrey è contornata de bellissime montagne.




Vedere Luly guidare il suo pickup è uno spettacolo. Potrebbe essere un personaggio di un film americano. È una donna forte e robusta, che fa la professoressa di ginnastica. Usa un linguaggio decisamente colorito ma in bocca sua suona divertente e per niente volgare. Mentre guida tiene accanto a sé una piccola borsa-frigo piena di coca-cola ghiacciata e ne beve tutto il tempo. Fuma continuamente sigarette fatte con lattuga. È proprio l'esempio di una sportiva! I suoi alunni la adorano, così come i suoi nipotini che educa alla vecchia maniera, in modo quasi militare. Il più piccolo la chiama “mi vida”

Durante il viaggio ci siamo fermati in diversi posti perché, come zia Lulú, anche lei è una spendacciona e compra di tutto. Ha fatto scorta di prodotti locali e ha riempito un'altra ghiacciaia con carne essiccata, dulces de leche, uova dal doppio tuorlo per i nipoti, formaggi, torta de elote (mais), avocados, etc.


Nel nostro andare in giro ho ritrovato facce di uomini “norteños”, proprio come li avevo impressi nella memoria. E che dire dei vestiti di questi güeros? Bellissimi!



Dopo la coda di cavallo siamo andati a mangiare a un famoso ristorante “El Pariente”, ancora più lontano, quasi vicino a Gral. Terán, la terra della nonna Buty.
Il ristorante è molto famoso: si racconta che il padre del proprietario, per punire il figlio che aveva poca voglia di studiare, gli avesse dato un barroccino per vendere tacos. Col tempo divenne così bravo a cucinare che ora è proprietario di una catena di ristoranti con cucina messicana eccellente. Il posto non è elegante, l'ambiente è quello di un capannone ma è molto pulito e i prezzi sono abbordabili. Il personale che lavora lì è tipicamente delle terre di Nuevo León: efficiente, ordinato e veloce. Molto bravi!



Così girovagando insieme a Luly e Lauris ho trascorso delle belle giornate nella terra d'origine della mia nonna. Visitando quei luoghi ho spolverato ricordi e ho goduto dei sapori custoditi nelle mie papille gustative infantili.

Amarcord!

Versiòn en español



Desde hace varios años, cuando viajo a México voy unos días a Monterrey, capital del estado de Nuevo León. Es una ciudad industrializada en el noreste de México, habitada por gente trabajadora y luchadora. Una Milán mexicana, se podría decir.
Yo estoy muy ligada a esta ciudad, no solo por haber vivido ahí durante los años de la escuela preparatoria, sino también por los orígenes de mi familia materna. Más adelante tendré modo de relatarles algunas anécdotas interesantes.

Este viaje me provoca siempre la misma sensación de embriaguez que las excursiones escolares de la juventud. Habitualmente viajo en compañía de mi hermana Lauris. El día de la salida llegamos siempre con anticipación a la central de autobuses con un ánimo de colegialas. Mi hermana, como una abeja reina, atrae a los maleteros, ya que viaja mucho y ya la conocen. Entre ellos se afanan para cargarle las maletas, que son siempre numerosas; saben que es muy generosa con las propinas. Yo, un poquito menos... me he vuelto italiana.

Partimos en horario perfecto y así iniciamos nuestro viaje que durará más o menos seis horas. Horas que pasan sin advertirlas. Viajar con mi hermana es fácil: ella con su carácter vehemente y yo con el mío más apacible encontramos siempre un punto de equilibrio. Cada quien escoge la mejor manera de transcurrir estas horas. Si tenemos ganas de platicar, platicamos. De lo contrario, vemos alguna película de la excelente colección que propone la línea de autobuses de Transpaís. Para hacernos sentir realmente dentro de un cine estilo multisalas, el autobús se para a mitad del camino. De la nada aparece un vendedor de golosinas. El vendedor, regularmente autorizado, viste el uniforme de la empresa y recorre tambaleándose el pasillo ofreciendo su mercancía mientras el viaje continúa.
De repente nos envuelve un perfume… ¡de palomitas, pensarán ustedes! Se equivocan: el ambiente se impregna del delicioso olor a nuez. En un segundo la sensibilidad olfativa de mi hermana detecta el intruso y exclama:
—¡Galletas Emperador de nuez! ¡He sido adicta por meses!
Apenas me es posible durante mi estancia en México, las compro y las pruebo. No hay trazas de nuez, es puro aroma y colorante. ¡Pura química! Por eso le creo a mi hermana que se haya hecho adicta a estas galletas artificiales.






Durante el primer tramo del viaje me gusta observar el paisaje exuberante. La mente se llena de recuerdos de la infancia: los viajes en el coche con papá al volante, mamá a su lado y nosotras, cinco hijas que causábamos confusión dentro del gran Cadillac azul: ¡nuestra querido Batimóvil!

Normalmente soy huésped de algún sobrino. En Monterrey viven tres de mis sobrinos, a los cuales estoy más apegada por cuestiones de edad. Mariana, Jesús y Ale nacieron cuando yo todavía era una jovencita y con ellos aprendí las primeras nociones del oficio de mamá. Ellos, durante los años, siempre han sido pródigos conmigo y yo estoy muy agradecida.



Este año llegué a casa de Ale y su esposo Gerardo, una joven pareja que tiene el don de la gentileza. Te llenan de atenciones, pero al mismo tiempo no te abruman y te dejan en completa libertad. Gerardo me pone a disposición su laptop por todo el tiempo que me quedo con ellos. Ale llena el refrigerador de todas las cosas que me gustan y, por cualquier eventualidad, deja listos en el congelador manjares cocinados por ella. Se asemeja tanto a su papá, mi difunto cuñado Goyo. Si algo ha heredado de él, por lo que se refiere a la comida, es el ser tan “vasta”. Cuando la veo caminar, reconozco la misma andadura silenciosa de Goyo, el padre. Caminan como si no tocaran el suelo. Es conmovedor.


Tampoco esta vez faltó la preparación de la carne asada, típica de estas tierras. Son memorables aquellas hechas por Jesús y Gris en años precedentes. Este año tocó a Mariana y Carlos, que no fueron de menos ¡Bravísimos! Estuvimos todos juntos en una alegre mesa, todo acompañado de un vino óptimo y cerveza fría. No faltaron los relatos de historias divertidas de cuando mis sobrinos eran niños. Carcajadas a más no poder. La más pequeña del grupo, Bárbara, nos deleitó dibujando retratos de todos, captando siempre el justo detalle que nos representaba. ¡Muy perspicaz con solo seis años!






En los días transcurridos en Monterrey vino a visitarnos Luly, la hija mayor de la tía Lulú. Con ella visitamos algunos lugares de nuestra infancia y juventud. Fue como revivir una película ya vista, pero con sensaciones diferentes. Pero antes de seguir adelante debo hacer un paso para atrás y narrarles los orígenes de mi familia materna.
Mi abuela Natalia (Buty) nació en General Terán, municipio de Nuevo León, a unos 100 kilómetros de Monterrey. La suya fue una familia numerosa: fueron ocho, entre hermanos y hermanas, además de otros niños que murieron recién nacidos o durante la gestación de mamá Concha. Nacieron también otros fuera del matrimonio, increíblemente parecidos a papá Arturo, un verdadero Don Juan de aquel tiempo.
Mi abuela fue una mujer muy moderna para esa época; dejó Gral. Terán muy joven. Apenas de dieciséis años, después de haber obtenido el diploma de secundaria, partió a Tampico a trabajar como maestra. Entonces bastaban pocos años para obtener el título de enseñante. En Tampico reencuentra a Manuel, un joven de Gral. Terán, propietario de un surtido negocio de ferretería: El Sello Rojo.
Al poco tiempo se casan. Las nupcias religiosas fueron celebradas disimuladamente un treintaiuno de diciembre a media noche. Eran tiempos de los cristeros, así que las manifestaciones religiosas eran muy limitadas y discretas. El entonces presidente de México, Plutarco Elías Calles, seguía una política feroz contra la Iglesia y había emitido una legislación conocida como Ley Calles, con la cual pretendía domar de tajo a la Iglesia católica. Pero Calles, ese enemigo jurado del catolicismo mexicano, conocía a los esposos (mis abuelos) y tenía una gran finca en Gral. Terán: Soledad de la Mota.



Natalia y Manuel recibieron de parte del presidente, como regalo de bodas, una bellísima estatua de unos cincuenta centímetros de altura, al parecer de origen alemán. La estatua, de simple yeso pero con una tinta como de bronce, muestra dos niños: la niña tiene en sus brazos un ramo de flores y bayas mientras que el niño, más pequeño, se mantiene en puntas de pies y con un dedito en la boca. ¡Deliciosos! Años después, fui a pedirle ese regalo a mi abuela cuando me casé. Ahora reluce maravilloso en la entrada de mi casa, desconocedor de toda la historia que lleva consigo.



Mi mamá pasaba todo el verano con mamá Concha (su abuela). Dos de sus tías, Lulú y Alicia, hermanas menores de mi abuela Natalia, eran sus coetáneas y pasaban juntas las vacaciones como si fueran primas o hermanas. Ellas se trasladaron a Monterrey una vez casadas. También nosotras, cuando niñas, íbamos seguido a Monterrey con nuestra mamá.
Eran vacaciones divertidas, no obstante que fuéramos todas familias numerosas. Encontrábamos el modo de estar todos juntos en casa de la tía Lulú, que era muy generosa. A veces, por falta de espacio, alguno se veía obligado a ir a dormir a casa de la tía Alicia, una cosa que no nos gustaba porque su familia era muy seria y, además, tenía unos gatos siameses que nos daban miedo. En la noche salían del alto de los armarios, con esos ojos azules que brillaban en la obscuridad, y nos hacían pasar noches en blanco, aterrorizadas.
Yo era muy afortunada, casi siempre me salvaba de ir ahí porque Luly, mi prima más grande, me dejaba siempre un lugarcito en su cama. Ahora que la volví a ver fue muy emocionante. Luly ha sido siempre una mujer fuerte, exuberante, divertida, confusa y muy generosa como su mamá, la tía Lulú.
Luly llegó en una vieja camioneta pickup de color rojo algo sucia. Ella vive en la campiña y no da importancia a esas nimiedades. Llevaba puestos los shorts, esos pantalones cortos muy usados en esta americanizada ciudad del norte. Quedé muy sorprendida de constatar que en todos lados, en cualquier lugar y en cualquier horario, las mujeres usan shorts, aun sin tener en cuenta reglas de etiqueta. Incluso, una tarde en que acompañamos a mi hermana a una visita ortopédica en un elegante consultorio médico, noté que la sobrada mayoría vestía con shorts. Se pavoneaban con la mayor naturalidad, no obstante el frío del aire acondicionado y —sobretodo— las dimensiones de los traseros.
Andar en la ciudad con Luly y Lauris era cómico. Luly, no obstante que ha vivido tantos años en ciudad, ha perdido familiaridad con el intenso tráfico y cada cinco minutos nos perdíamos, causando arduas discusiones con mi hermana. Pero ella no perdía él ánimo y, después de vueltas y más vueltas, nos hacía llegar sanas y salvas a nuestro destino.
Fuera de la ciudad, se reivindicó como una excelente piloto. Una mañana temprano salimos rumbo a los lugares de nuestra infancia. Ellas dos vestían shorts mientras yo, más acostumbrada a un estilo conservador, vestía capris. Tomamos la carretera nacional rumbo a Villa de Santiago, a unos cuarenta kilómetros de Monterrey, para visitar la Cola de Caballo: una cascada que parece justo una cola de caballo. Les recuerdo que Monterrey está circundada de montañas bellísimas.



Ver a Luly manejar su pickup es un espectáculo. Podría ser un personaje de alguna película americana. Es una mujer fuerte y robusta, y es maestra de Educación Física. Usa un lenguaje muy colorido, pero en su boca se oye divertido y para nada vulgar. Mientras maneja, tiene a su lado una hielerita llena de Coca-Cola bien fría, que bebe todo el tiempo. Además, fuma continuamente cigarros hechos con lechuga. En suma, no es un prototipo de deportista, pero da igual. Sus alumnos la adoran tanto como sus nietos, a los que educa a la manera de otro tiempo, en modo casi militar. El más pequeño la llama “Mi vida”.
Durante el viaje paramos en varios lugares porque, como la tía Lulú, también ella es muy gastadora y compra de todo. Compramos muchos productos locales y llenó otra hielera grande que traía atrás en la camioneta con: carne seca, las famosas Glorias, huevos de doble yema para los nietos, torta de elote, quesos o aguacates. 

En nuestro andar encontramos rostros de hombres norteños, así como los tenía impresos en mi memoria. ¿Y qué decir de las vestimentas de estos güeros? Bellísimas.




Después de la Cola de Caballo fuimos al famoso restaurante “El Pariente”, todavía más lejos —muy cerca de Gral.Terán, la tierra de mi abuela Buty. El restaurante es muy famoso, en parte por una anécdota. Se cuenta que el padre del propietario, para castigar al hijo que tenía pocas ganas de estudiar, le puso un carretón para vender tacos. Con el tiempo, el hijo se volvió un excelente cocinero y ahora es dueño de una cadena de restaurantes de comida mexicana excelente. El lugar no es elegante, el ambiente es el de una especie de hangar, pero muy limpio y los precios son accesibles. El personal que trabaja ahí es típico de las tierras de Nuevo León: eficiente, ordenado y rápido. ¡Molto bravi!



Así, paseando junto a Luly y Lauris, transcurrí bellas jornadas en la tierra de mi abuela. Visitando aquellos lugares sacudí recuerdos y gocé de sabores guardados en las papillas gustativas de mi infancia.



¡AMARCORD!*

*voz dialectal en emiliano-romañolo que quiere decir: Yo me recuerdo













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