È
da diversi anni che, quando vado in Messico, faccio una scappata a
Monterrey, capoluogo dello stato di Nuevo León.
Una città industrializzata, situata nel nord-est del Messico,
popolata di gente lavoratrice e caparbia. Si potrebbe dire una Milano
messicana.
Sono molto legata a questa
città, non solo per avere vissuto lì durante gli anni del liceo, ma
anche per gli origini della mia famiglia materna. Più avanti avrò
modo di raccontarvi alcuni aneddoti interessanti.
Questo viaggio mi provoca
sempre la solita sensazione d'ebrezza delle gite scolastiche quando
si è ragazzi. Abitualmente viaggio in compagnia di mia sorella
Lauris. Il giorno della partenza arriviamo sempre in anticipo alla
stazione degli autobus, appunto con l'animo di scolarette. Mia
sorella come un'ape regina attira i facchini, viaggia molto e la
conoscono. Fra di loro si arrabattano per portarle le valigie che
sono sempre numerose. Sanno che lei è molto generosa con le mance,
io un po' meno...sono diventata italiana.
Partiamo in perfetto
orario e così iniziamo il nostro viaggio che durerà all'incirca sei
ore. Ore che passano senza avvertirle. Viaggiare con mia sorella è
facile: lei con il suo carattere prorompente e io con il mio più
mite, troviamo sempre un punto d'equilibrio. Ogni una sceglie il modo
migliore di trascorrere queste ore. Se abbiamo voglia di
chiacchierare, parliamo, altrimenti guardiamo qualche film nella ben
fornita cineteca che propone la linea di autobus Transpais
. E per farci sentire proprio dentro un cinema stile multisala,
l'autobus si ferma a metà cammino. Dal nulla spunta un venditore di
leccornie. Il venditore regolarmente autorizzato indossa l'uniforme
dell'impresa e percorre barcollante il corridoio offrendo la sua
merce mentre il viaggio continua.
Ad un tratto ci avvolge un
profumo... di popcorn, penserete voi! Vi sbagliate: l'ambiente
s'impregna del delizioso aroma delle noci. In un attimo la
sensibilità olfattiva di mia sorella lo riconosce ed esclama:
“Galletas emperador de nuez,
ne sono stata assuefatta per mesi!” Appena mi è possibile durante
il mio soggiorno in Messico, li acquisto e li assaggio. Delle noci
non c'è traccia, è solo aroma, colorante... tutta chimica, ci credo
che mia sorella sia diventata dipendente al “emperador”.
Durante il primo tratto di
solito mi piace osservare il paesaggio rigoglioso. La mente si riempe
di ricordi d'infanzia: i viaggi in macchina col babbo al volante, la
mamma accanto e noi cinque figlie che facevamo confusione dentro la
grande Cadillac
azzurra: la nostra amatissima Batimovil!
Abitualmente sono ospite
di qualche nipote. A Monterrey abitano tre dei miei nipoti a cui sono
più legata per questioni d'età: Mariana, Jesús
e Ale. Sono nati quando io ero ancora una ragazza, e con loro ho
imparato le prime nozioni del mestiere di mamma. Negli anni si son
sempre prodigati con me e ne sono molto grata.
Questo anno sono arrivata
a casa di Ale e suo marito Gerardo, giovane coppia che ha il dono
della gentilezza. Ti riempono di attenzione ma allo stesso tempo non
ti opprimono e ti lasciano in completa libertà. Gerardo mi mette a
disposizione il suo laptop
e me lo cede per tutto il tempo che resto da loro. Ale riempe il
frigorifero di tutte le cose che mi piacciono e tieni in freezer
pietanze cucinate da lei pronte per qualsiasi eventualità. Somiglia
tanto al suo babbo, mio defunto cognato Goyo. Se ha ereditato
qualcosa da lui per quanto riguarda il mangiare è l'essere così
“vasta”; quando la
guardo camminare riconosco lo stesso andamento silenzioso di Goyo, il
padre. Camminano come non toccassero il suolo... È
commovente.
Anche questa volta non è
mancata la preparazione della “carne asada”
(grigliata), tipica di queste terre. Memorabili quelle fatte da Jesús
e Gris in anni precedenti. Quest'anno è toccato a Carlos e Mariana,
che non sono stati di meno, bravissimi! Siamo
stati tutti insieme in un'allegra tavolata, il tutto innaffiato con
dell'ottimo vino e birra fresca. Non sono mancate storielle
esilaranti di quando i nipoti erano bambini. Risate a più non posso.
La più piccola del gruppo, Barbara, ci ha deliziato dipingendo
retratti di tutti quanti, cogliendo sempre il giusto dettaglio che ci
rappresentava. Molto perspicace a solo sei anni!
Nei giorni trascorsi a
Monterrey è venuta a trovarci Luly, la figlia maggiore della zia
Lulú.
Con lei abbiamo girato i posti della nostra infanzia e gioventù. È
stato come rivivere un film già visto però con
sensazioni diverse. Prima di proseguire devo fare un passo indietro e
raccontarvi l'origini della mia famiglia materna.
Mia nonna Natalia (Buty)
nacque a General Terán,
provincia di Nuevo León
a circa 100 km da Monterrey. La sua fu una famiglia numerosa, otto
fra fratelli e sorelle, tanti altri bambini morti appena nati o
durante le gravidanze di mamma Concha. Ne erano nati altri fuori dal
matrimonio, incredibilmente assomiglianti a papà Arturo, un vero Don
Giovanni di quel tempo.
La mia nonna fu una donna
molto moderna per l'epoca; lasciò Gral. Terán
molto giovane. Appena sedicenne, dopo aver ottenuto la licenza media,
partì per Tampico col diploma d'insegnante. Allora bastavano pochi
anni di studio per avere l'abilitazione a insegnare. A Tampico rivide
Manuel, un ragazzo di Gral. Terán
proprietario di un fornito negozio di ferramenta: El
Sello Rojo.
Poco tempo dopo si
sposarono. Le nozze religiose vennero celebrate in sordina un trentun
Dicembre a mezzanotte. Erano i tempi dei cristeros
e le manifestazioni religiose dovevano essere molto limitate e
discrete. L'allora presidente del Messico Plutarco Elías
Calles conosceva gli sposi (i miei nonni). Aveva perseguito una
politica feroce contro la chiesa e aveva persino emanato un decreto
noto come Legge Calles con il quale la chiesa veniva privata di tutti
i suoi diritti. Egli aveva una grossa proprietà terriera a Gral.
Terán:
Soledad de la Mota.
Natalia e Manuel ebbero da
parte del presidente come regalo di nozze una bellissima statua alta
una cinquantina di centimetri, pare d'origine tedesca. La statua, di
semplice gesso ma tinta in modo da farla sembrare bronzo, mostra due
bambini: una femminuccia che porta in braccio un fascio di fiori e
bacche e un maschietto, più piccolo, in punta di piedi, con un
ditino in bocca, deliziosi! In seguito fui io a chiedere quel dono
alla mia nonna quando mi sposai. Ora riluce meraviglioso
nell'ingresso di casa mia, inconsapevole di tutta la storia che si
porta addosso.
Mia madre passava tutta
l'estate da mamma Concha (sua nonna). Due delle sue zie, Lulú
e Alicia, sorelle minori di mia nonna Natalia, erano sue coetanee e
passavano insieme le vacanze come fossero cugine o sorelle,
divertendosi da matte. Loro si trasferirono a Monterrey una volta
sposate. Anche noi quando eravamo bambine e spesso andavamo a
Monterrey con la mamma.
Erano vacanze molto
divertente solitamente, nonostante fossimo tutte famiglie numerose:
trovavamo il modo di stare tutti insieme a casa della zia Lulú
che era estremamente generosa. Qualche
volta, proprio per mancanza di spazio, qualcuna era costretto a
dormire dalla zia Alicia, cosa che non ci piaceva perché la sua
famiglia era molto seria e in più avevano dei gatti siamesi che ci
facevano paura. Di notte spuntavano dagli armadi con quei occhi
azzurri che brillavano nell'oscurità e ci facevano passare notti in
bianco atterrite.
Io ero molto fortunata, di
solito mi salvavo dall'andare lì perché Luly, la mia cugina più
grande, si prendeva cura di me lasciandomi un posticino nel suo
letto. Quando l'ho rivista è stato molto emozionante. Luly è stata
sempre una donna forte, esuberante, divertente, confusionaria e molto
generosa proprio come la sua mamma, la zia Lulú.
Luly è arrivata a bordo
di un vecchio pickup di
colore rosso alquanto sporco: vive in campagna e non fa caso a
questi particolari. Indossava gli shorts,
pantaloncini corti molto usati in questa americanizzata città del
nord. Sono rimasta molto sorpresa di constatare che dappertutto, in
qualsiasi posto e qualsiasi orario le donne indossano gli shorts,
incuranti delle regole dell'etichetta. Persino il pomeriggio in cui
abbiamo accompagnato mia sorella ad una visita ortopedica in un
elegante studio di medici, ho notato che la stragrande maggioranza li
indossava. Si pavoneggiavano con la massima naturalezza, nonostante
il freddo dell'aria condizionata e - sopratutto - le dimensioni dei
suoi sederi. Tutte giovani ma molto grasse. Peccato!
Girare in città con Luly
e Lauris era comico. Luly nonostante abbia vissuto tanti anni in
città, ha perso familiarità con il traffico intenso e ogni cinque
minuti ci perdevamo, causando ardue discussioni con mia sorella. Ma
lei non si perdeva d'animo e gira e rigira arrivavamo a destinazione
sanas y salvas!
Fuori città si è
dimostrata un'eccellente pilota. Una mattina presto siamo partite
verso i luoghi della nostra infanzia. Loro due indossando i loro
shorts mentre io più
condizionata da uno stile di vita conservatore, vestivo alla caprese.
Abbiamo preso la strada
nazionale verso Villa de Santiago, una quarantina di chilometri da
Monterrey, per visitare un posto chiamato “La
cola de caballo” : una piccola cascata che
sembra infatti una coda di cavallo. Vorrei ricordarvi che Monterrey
è contornata de bellissime montagne.
Vedere Luly guidare il suo
pickup è uno spettacolo. Potrebbe essere un personaggio di un film
americano. È
una donna forte e robusta, che fa la professoressa di ginnastica. Usa
un linguaggio decisamente colorito ma in bocca sua suona divertente e
per niente volgare. Mentre guida tiene accanto a sé una piccola
borsa-frigo piena di coca-cola ghiacciata e ne beve tutto il tempo.
Fuma continuamente sigarette fatte con lattuga. È
proprio l'esempio di una sportiva! I suoi alunni la adorano, così
come i suoi nipotini che educa alla vecchia maniera, in modo quasi
militare. Il più piccolo la chiama “mi
vida”
Durante il viaggio ci
siamo fermati in diversi posti perché, come zia Lulú,
anche lei è una spendacciona e compra di tutto. Ha fatto scorta di
prodotti locali e ha riempito un'altra ghiacciaia con carne
essiccata, dulces de leche,
uova dal doppio tuorlo per i nipoti, formaggi,
torta de elote (mais), avocados, etc.
Nel nostro andare in giro
ho ritrovato facce di uomini “norteños”,
proprio come li avevo impressi nella memoria. E che dire dei vestiti
di questi güeros?
Bellissimi!
Dopo la coda di cavallo
siamo andati a mangiare a un famoso ristorante “El
Pariente”, ancora più lontano, quasi
vicino a Gral. Terán,
la terra della nonna Buty.
Il ristorante è molto
famoso: si racconta che il padre del proprietario, per punire il
figlio che aveva poca voglia di studiare, gli avesse dato un
barroccino per vendere tacos.
Col tempo divenne così bravo a cucinare che ora è proprietario di
una catena di ristoranti con cucina messicana eccellente. Il posto
non è elegante, l'ambiente è quello di un capannone ma è molto
pulito e i prezzi sono abbordabili. Il personale che lavora lì è
tipicamente delle terre di Nuevo León:
efficiente, ordinato e veloce. Molto bravi!
Così girovagando insieme
a Luly e Lauris ho trascorso delle belle giornate nella terra
d'origine della mia nonna. Visitando quei luoghi ho spolverato
ricordi e ho goduto dei sapori custoditi nelle mie papille gustative
infantili.
Amarcord!
Versiòn
en español
*voz dialectal en
emiliano-romañolo que quiere decir: Yo me
recuerdo
Desde hace varios años,
cuando viajo a México voy unos días a Monterrey, capital del estado
de Nuevo León. Es una ciudad industrializada en el noreste de
México, habitada por gente trabajadora y luchadora. Una Milán
mexicana, se podría decir.
Yo estoy muy ligada a
esta ciudad, no solo por haber vivido ahí durante los años de la
escuela preparatoria, sino también por los orígenes de mi familia
materna. Más adelante tendré modo de relatarles algunas anécdotas
interesantes.
Este viaje me provoca
siempre la misma sensación de embriaguez que las excursiones
escolares de la juventud. Habitualmente viajo en compañía de mi
hermana Lauris. El día de la salida llegamos siempre con
anticipación a la central de autobuses con un ánimo de colegialas.
Mi hermana, como una abeja reina, atrae a los maleteros, ya que viaja
mucho y ya la conocen. Entre ellos se afanan para cargarle las
maletas, que son siempre numerosas; saben que es muy generosa con las
propinas. Yo, un poquito menos... me he vuelto italiana.
Partimos en horario
perfecto y así iniciamos nuestro viaje que durará más o menos seis
horas. Horas que pasan sin advertirlas. Viajar con mi hermana es
fácil: ella con su carácter vehemente y yo con el mío más
apacible encontramos siempre un punto de equilibrio. Cada quien
escoge la mejor manera de transcurrir estas horas. Si tenemos ganas
de platicar, platicamos. De lo contrario, vemos alguna película de
la excelente colección que propone la línea de autobuses de
Transpaís. Para hacernos sentir realmente dentro de un cine estilo
multisalas, el autobús se para a mitad del camino. De la nada
aparece un vendedor de golosinas. El vendedor, regularmente
autorizado, viste el uniforme de la empresa y recorre tambaleándose
el pasillo ofreciendo su mercancía mientras el viaje continúa.
De repente nos envuelve
un perfume… ¡de palomitas, pensarán ustedes! Se equivocan: el
ambiente se impregna del delicioso olor a nuez. En un segundo la
sensibilidad olfativa de mi hermana detecta el intruso y exclama:
—¡Galletas Emperador
de nuez! ¡He sido adicta por meses!
Apenas me es posible
durante mi estancia en México, las compro y las pruebo. No hay
trazas de nuez, es puro aroma y colorante. ¡Pura química! Por eso
le creo a mi hermana que se haya hecho adicta a estas galletas
artificiales.
Durante el primer tramo
del viaje me gusta observar el paisaje exuberante. La mente se llena
de recuerdos de la infancia: los viajes en el coche con papá al
volante, mamá a su lado y nosotras, cinco hijas que causábamos
confusión dentro del gran Cadillac azul: ¡nuestra querido
Batimóvil!
Normalmente soy huésped
de algún sobrino. En Monterrey viven tres de mis sobrinos, a los
cuales estoy más apegada por cuestiones de edad. Mariana, Jesús y
Ale nacieron cuando yo todavía era una jovencita y con ellos aprendí
las primeras nociones del oficio de mamá. Ellos, durante los años,
siempre han sido pródigos conmigo y yo estoy muy agradecida.
Este año llegué a
casa de Ale y su esposo Gerardo, una joven pareja que tiene el don de
la gentileza. Te llenan de atenciones, pero al mismo tiempo no te
abruman y te dejan en completa libertad. Gerardo me pone a
disposición su laptop por todo el tiempo que me quedo con ellos. Ale
llena el refrigerador de todas las cosas que me gustan y, por
cualquier eventualidad, deja listos en el congelador manjares
cocinados por ella. Se asemeja tanto a su papá, mi difunto cuñado
Goyo. Si algo ha heredado de él, por lo que se refiere a la comida,
es el ser tan “vasta”. Cuando la veo caminar, reconozco la misma
andadura silenciosa de Goyo, el padre. Caminan como si no tocaran el
suelo. Es conmovedor.
Tampoco esta vez faltó
la preparación de la carne asada, típica de estas tierras. Son
memorables aquellas hechas por Jesús y Gris en años precedentes.
Este año tocó a Mariana y Carlos, que no fueron de menos
¡Bravísimos! Estuvimos todos juntos en una alegre mesa, todo
acompañado de un vino óptimo y cerveza fría. No faltaron los
relatos de historias divertidas de cuando mis sobrinos eran niños.
Carcajadas a más no poder. La más pequeña del
grupo, Bárbara, nos deleitó dibujando retratos de todos, captando
siempre el justo detalle que nos representaba. ¡Muy perspicaz con
solo seis años!
En los días
transcurridos en Monterrey vino a visitarnos Luly, la hija mayor de
la tía Lulú. Con ella visitamos algunos lugares de nuestra infancia
y juventud. Fue como revivir una película ya vista, pero con
sensaciones diferentes. Pero antes de seguir adelante debo hacer un
paso para atrás y narrarles los orígenes de mi familia materna.
Mi abuela Natalia
(Buty) nació en General Terán, municipio de Nuevo León, a unos 100
kilómetros de Monterrey. La suya fue una familia numerosa: fueron
ocho, entre hermanos y hermanas, además de otros niños que murieron
recién nacidos o durante la gestación de mamá Concha. Nacieron
también otros fuera del matrimonio, increíblemente parecidos a papá
Arturo, un verdadero Don Juan de aquel tiempo.
Mi abuela fue una mujer
muy moderna para esa época; dejó Gral. Terán muy joven. Apenas de
dieciséis años, después de haber obtenido el diploma de
secundaria, partió a Tampico a trabajar como maestra. Entonces
bastaban pocos años para obtener el título de enseñante. En
Tampico reencuentra a Manuel, un joven de Gral. Terán, propietario
de un surtido negocio de ferretería: El Sello Rojo.
Al poco tiempo se
casan. Las nupcias religiosas fueron celebradas disimuladamente un
treintaiuno de diciembre a media noche. Eran tiempos de los
cristeros, así que las manifestaciones religiosas eran muy limitadas
y discretas. El entonces presidente de México, Plutarco Elías
Calles, seguía una política feroz contra la Iglesia y había
emitido una legislación conocida como Ley Calles, con la cual
pretendía domar de tajo a la Iglesia católica. Pero Calles, ese
enemigo jurado del catolicismo mexicano, conocía a los esposos (mis
abuelos) y tenía una gran finca en Gral. Terán: Soledad de la Mota.
Natalia y Manuel
recibieron de parte del presidente, como regalo de bodas, una
bellísima estatua de unos cincuenta centímetros de altura, al
parecer de origen alemán. La estatua, de simple yeso pero con una
tinta como de bronce, muestra dos niños: la niña tiene en sus
brazos un ramo de flores y bayas mientras que el niño, más pequeño,
se mantiene en puntas de pies y con un dedito en la boca.
¡Deliciosos! Años después, fui a pedirle ese regalo a mi abuela
cuando me casé. Ahora reluce maravilloso en la entrada de mi casa,
desconocedor de toda la historia que lleva consigo.
Mi mamá pasaba todo el
verano con mamá Concha (su abuela). Dos de sus tías, Lulú y
Alicia, hermanas menores de mi abuela Natalia, eran sus coetáneas y
pasaban juntas las vacaciones como si fueran primas o hermanas. Ellas
se trasladaron a Monterrey una vez casadas. También nosotras, cuando
niñas, íbamos seguido a Monterrey con nuestra mamá.
Eran vacaciones
divertidas, no obstante que fuéramos todas familias numerosas.
Encontrábamos el modo de estar todos juntos en casa de la tía Lulú,
que era muy generosa. A veces, por falta de espacio, alguno se veía
obligado a ir a dormir a casa de la tía Alicia, una cosa que no nos
gustaba porque su familia era muy seria y, además, tenía unos gatos
siameses que nos daban miedo. En la noche salían del alto de los
armarios, con esos ojos azules que brillaban en la obscuridad, y nos
hacían pasar noches en blanco, aterrorizadas.
Yo era muy afortunada,
casi siempre me salvaba de ir ahí porque Luly, mi prima más grande,
me dejaba siempre un lugarcito en su cama. Ahora que la volví a ver
fue muy emocionante. Luly ha sido siempre una mujer fuerte,
exuberante, divertida, confusa y muy generosa como su mamá, la tía
Lulú.
Luly llegó en una
vieja camioneta pickup de color rojo algo sucia. Ella vive en la
campiña y no da importancia a esas nimiedades. Llevaba puestos los
shorts, esos pantalones cortos muy usados en esta americanizada
ciudad del norte. Quedé muy sorprendida de constatar que en todos
lados, en cualquier lugar y en cualquier horario, las mujeres usan
shorts, aun sin tener en cuenta reglas de etiqueta. Incluso, una
tarde en que acompañamos a mi hermana a una visita ortopédica en un
elegante consultorio médico, noté que la sobrada mayoría vestía
con shorts. Se pavoneaban con la mayor naturalidad, no obstante el
frío del aire acondicionado y —sobretodo— las dimensiones de los
traseros.
Andar en la ciudad con
Luly y Lauris era cómico. Luly, no obstante que ha vivido tantos
años en ciudad, ha perdido familiaridad con el intenso tráfico y
cada cinco minutos nos perdíamos, causando arduas discusiones con mi
hermana. Pero ella no perdía él ánimo y, después de vueltas y más
vueltas, nos hacía llegar sanas y salvas a nuestro destino.
Fuera de la ciudad, se
reivindicó como una excelente piloto. Una mañana temprano salimos
rumbo a los lugares de nuestra infancia. Ellas dos vestían shorts
mientras yo, más acostumbrada a un estilo conservador, vestía
capris. Tomamos la carretera nacional rumbo a Villa de Santiago, a
unos cuarenta kilómetros de Monterrey, para visitar la Cola de
Caballo: una cascada que parece justo una cola de caballo. Les
recuerdo que Monterrey está circundada de montañas bellísimas.
Ver a Luly manejar su
pickup es un espectáculo. Podría ser un personaje de alguna
película americana. Es una mujer fuerte y robusta, y es maestra de
Educación Física. Usa un lenguaje muy colorido, pero en su boca se
oye divertido y para nada vulgar. Mientras maneja, tiene a su lado
una hielerita llena de Coca-Cola bien fría, que bebe todo el tiempo.
Además, fuma continuamente cigarros hechos con lechuga. En suma, no
es un prototipo de deportista, pero da igual. Sus alumnos la adoran
tanto como sus nietos, a los que educa a la manera de otro tiempo, en
modo casi militar. El más pequeño la llama “Mi vida”.
Durante el viaje
paramos en varios lugares porque, como la tía Lulú, también ella
es muy gastadora y compra de todo. Compramos muchos productos locales
y llenó otra hielera grande que traía atrás en la camioneta con:
carne seca, las famosas Glorias,
huevos de doble yema para los nietos, torta de elote, quesos o
aguacates.
En nuestro andar encontramos rostros de hombres norteños,
así como los tenía impresos en mi memoria. ¿Y qué decir de las
vestimentas de estos güeros? Bellísimas.
Después de la Cola de
Caballo fuimos al famoso restaurante “El Pariente”, todavía más
lejos —muy cerca de Gral.Terán, la tierra de mi abuela Buty. El
restaurante es muy famoso, en parte por una anécdota. Se cuenta que
el padre del propietario, para castigar al hijo que tenía pocas
ganas de estudiar, le puso un carretón para vender tacos. Con el
tiempo, el hijo se volvió un excelente cocinero y ahora es dueño de
una cadena de restaurantes de comida mexicana excelente. El lugar no
es elegante, el ambiente es el de una especie de hangar, pero muy
limpio y los precios son accesibles. El personal que trabaja ahí es
típico de las tierras de Nuevo León: eficiente, ordenado y rápido.
¡Molto bravi!
Así, paseando junto a
Luly y Lauris, transcurrí bellas jornadas en la tierra de mi abuela.
Visitando aquellos lugares sacudí recuerdos y gocé de sabores
guardados en las papillas gustativas de mi infancia.
¡AMARCORD!*
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