I primi quindici giorni di
luglio a Firenze sono stati d’un caldo torrido come preparazione fisica e mentale
per la nostra partenza e arrivo nel nordest messicano: Tampico, Mante,
Monterrey.
Quest’anno sono partita con
mio figlio Filippo. Sono sei anni che lui non è più stato in Messico e tutta la famiglia lo
aspettava con trepidazione. Il volo da Firenze a Parigi è stato molto tranquillo
e privo d’emozioni, che per la mia attuale fobia di volare è più che perfetto.
La sorpresa è stata ritornare
all’aeroporto Charles de Gaulle. Finalmente i lavori di ricostruzione degli
anni precedenti che lo rendevano brutto e scomodo sono finiti ed ora la parte
dei voli internazionali appare enorme e luminosa. Ci sono grandi spazi arredati
con chaise lounge di un forte colore
arancione e per le sue forme sembrano lingue di fuoco, tutti quanti sistemati
di fronte a grandi finestroni che fanno vedere un cielo di Magritte.
Immediatamente t’invade una sensazione d’incredibile benessere. Tutto appare
elegante e silenzioso, ogni tanto irrompono le melodie che qualche passeggero suona
al pianoforte sistemato appositamente in fondo alla stanza.
Ci sono diverse ore d’attesa
prima di salire a bordo del volo d’Aeroméxico, per tanto ne approfitto per
stendermi in una di queste meravigliose lingue di fuoco. Mi levo le scarpe e
con i piedi scalzi ho la sensazione di stare all’aria aperta in un parco, in
una spiaggia, godendo d’un cielo così celeste.
Più tardi m’avventuro alla
ricerca di qualcosa da mangiare e me accorgo che i francesi vivono di profumi,
di stoffe di seta, di cioccolatini e degli eleganti e chic “macarons” tanto di moda in questi giorni. Per trovare un
ristorante ho dovuto ripercorre in lungo e in largo quasi tutto l’aeroporto. Ho
trovato solo due punti di ristoro; uno
solo con snacks e l’altro un
ristorante che non offre gran varietà di piatti. Tuttavia, mi sono accorta che
ci sono due alimenti che prevalgono nel menù: baguette con formaggio brie, noci
e uvetta (piatto nazionale) e l’altro, cous-cous, bulgur, zafferano (piatto
delle colonie).
Soddisfatta dopo avere
mangiato il mio panino al formaggio, mi dirigo ai bagni. Questi sono molto
moderni e puliti, l’acciaio dei lavandini contrasta con le porte arancione. Ancora
lingue di fuoco. Lì una simpatica signora cinese mi chiede il dentifricio e,
come due vecchie camerate, ci laviamo all’unisono i denti di fronte al grande
specchio.
Sono tanti anni che vado in
Messico durante l’estate. Può sembrare un viaggio sempre uguale però, nonostante
sia più o meno lo stesso periodo e gli itinerari sempre i soliti, cambio
le compagnie aeree. Questa volta all’andata ho scelto Aeroméxico partner di skyline con Airfrance e KLM. È stata una
gradevolissima sorpresa vedere lo nuovo dell’aeronave; non era un super jumbo
ma era molto più comodo, con più spazio per allungare le gambe, molto pulito e
soprattutto, le hostess erano tutte quante giovani e molto gentili. Non c’è
niente di peggio che viaggiare con una squadra di hostess pronte alla pensione
e stufe di questo pesante e logorante lavoro!
L’attraversata oceanica, per
chi come me non riesce a dormire, diventa lunga, noiosa e stancante, anche se
ora, con gli schermi individuali sugli schienali dei sedili, si può trascorrere il tempo
vedendo qualche film. Ogni tanto durante il volo ci sono delle turbolenze, cose
da poco conto e questo per la mia santa pace vale la noia del viaggio.
Siamo arrivati all’aeroporto
della Città del Messico la mattina, alle 3:30, se uno s’aspettava l’aeroporto
semideserto visto l’orario, si sbagliava totalmente; questo sembrava un mercato
in pieno mezzogiorno. Siamo partiti in una notte silenziosa da Parigi e ci
siamo svegliati in un Messico rumoroso.
Dopo qualche ora, e risolto
un piccolo problema con i passi d’abbordare, ci imbarchiamo sul corto volo per
Tampico. Là ci hanno ricevuto con una splendida colazione che consisteva di
frutta diversa come: papaya, ananas,
melone, cocomero, kiwi, uva (un arcobaleno di colori) yogurt greco, muesli, uova a piacere, fagioli, tortillas e salsa piccante, e non poteva
mancare anche il caffè all’americana…arrivederci all’espresso.
Qualche ora di meritato
riposo e poi siamo andati sulla spiaggia, dove ci siamo riuniti con altri
membri della famiglia e amici. Abbiamo goduto della compagnia, del sole, della
deliziosa acqua del mare, di freschi gamberoni, di granchi ripieni, di ceviche e birra ghiacciata… non male per
essere il primo giorno in terra messicana!
L’incontro con la famiglia è
tranquillizzante. La casa della mia mamma è per metà di un colore ambrato. Il
salotto e la sala da pranzo, un tempo pieni di vita, sembrano sospesi
nell’ombrale dell’oblio. I divani appaiono rigidi ed induriti; nessuno si siede più sopra. Gli oggetti sono coperti da un leggero strato di polvere come a
coprire i ricordi. Ogni tanto entro in questa stanza e osservo in silenzio ogni
cosa che è lì da sempre: mi riempie di malinconia. Sui muri ci sono alcuni
quadri, due sono miei, li dipinsi quando ero molto giovane e mi credevo
un’artista. Uno di essi è un quadro che nella pittura viene chiamato La Vanitas
perché rappresenta l’effimero dell’esistenza attraverso elementi simbolici, in
questo caso le candele che ho dipinto su vecchie bottiglie di vino. La cosa
curiosa è che allora non sapevo niente su questa corrente pittorica del 1600
che si sviluppò soprattutto in Olanda. L’altro quadro è una copia della famosa
pittura Jesucristo Tata, del pittore
messicano Francisco Goitia, come potette notare attraverso le mie “opere” già
allora non ero una persona molto allegra e ottimista. La pittura è bellissima
ma di una tristezza infinita.
Dopo una settimana in
famiglia, di buona convivenza e spensieratezza, siamo partiti per Monterrey con
un autobus di Transpais, il mezzo di trasporto più usato in questi tempi
d’insicurezza e pericolo. E' incredibile come una impresa privata sia riuscita a
diventare un leader, con un’alta professionalità: gli autobus sono sempre in
orario, gli autisti si mostrano molto gentili, preparati e puliti. I sedili
sono comodissimi, con grandi spazi per allungare le gambe. Ogni sedile sugli
schienali hanno uno schermo proprio con una ampio programma d’intrattenimento
cha va da dodici film internazionali ad ebooks come I fiori del male di Ch. Baudeliere, L’educazione sentimentale di Flaubert, o La decadenza della menzogna di Oscar Wilde. Si può anche scegliere un audiolibro come Il Decameron di Boccaccio, L’idiota di Fiodor Dostoievsky, o La lettera scarlatta di N. Hawthron. Niente
male!! O semplicemente ascoltare qualche concerto o musica pop.
Questo è uno dei contrasti
che più mi hanno colpito in questo viaggio in Messico. Da una parte un’alta
percentuale d’analfabetismo e dall’altra mezzi di trasporto da primo mondo che
offrono un ventaglio d’offerte culturali straordinarie.
Una sera a Monterrey insieme
al mio nipote e sua moglie siamo andati a cena ad un ristorante all’aperto in
una grande terrazza. Quella sera trasmettevano la partita di calcio per la Copa Libertadores fra i Tigres di Monterrey e il River Plate d’Argentina. C’erano tanti
schermi di televisione dappertutto, sistemati strategicamente in maniera che
tutti riuscissero a vedere la partita dovunque fossero seduti. Il posto era strapieno,
tutti emozionati e contenti. Le tavole erano piene di bottiglie di birra,
impressionanti: in tutta la mia vita non avevo mai visto una cosa simile. Uomini,
donne, grandi, piccoli bevevano continuamente. I camerieri si muovevano agili e
veloci come manguste, in modo che nessuno rimanesse a secco o senza mangiare!
L’offerta di pietanze era
straordinaria, dal momento in cui ci servirono un polpo grigliato sul tagliere
di legno insieme a patate fritte fu una sfilata di squisitezze . Probabilmente
io ero l’unica non interessata alla partita: non amo il calcio. Ma passai il
tempo ad osservare le persone, cercando di chiacchierare con le persone vicino a me, anche se il frastuono
lo rendeva quasi impossibile. Nonostante la confusione, bastava rivolgere lo
sguardo al cielo per rasserenarsi alla vista del bellissimo Cerro de la Silla , che spuntava fra due moderni
grattacieli illuminati dalla magnifica luna piena di quella notte. Il contrasto
fra lo moderno e la forza della natura era impressionante.
Il resto della notte si
riempì di rumori, d’espressioni di gioia o delusione nei momenti in cui il
pallone sfiorava il gol. Rumori, rumori, gente che mangiava, beveva, sguardi
che s’incrociavano ma non si vedevano, tutti alienati dal calcio. È stato come
essere allo stadio, credo.
Stare insieme ai miei nipoti
è sempre così piacevole, loro sono sempre gentili. Il giorno dopo la partita,
nonostante l’aeroporto fosse così lontano, mio nipote Jesu ci accompagnò a
prendere l’aereo che ci avrebbe portato a Tampico. E lì sono tornata al mio
vecchio vizio di osservare la gente durante le ore d’attesa. Il terminale di
Vivaerobus era realmente brutto e vecchio; sembrava d’essere in un capannone
che all’improvviso si trasformava in terminal d’aeroporto. Osservai molte donne
di età diverse, quasi tutte indossavano pantaloncini molto corti e calzavano
scarpe con tacchi altissimi, alcune con certi sederi grossi. Mi domando sempre
come riescano a viaggiare vestite in quella maniera. E gli uomini, nientemeno,
vestiti con bermuda fioriti d’orchidee e cappellini, già pronti a tuffarsi nel
mare delle località verso cui si dirigevano. La prima impressione al salire
sull’aereo è stata disastrosa, volevo i comodi bus del Transpais! L’aereo era
pieno di mosche e faceva un gran caldo – l’aria condizionata iniziò a
raffreddare quasi arrivando a Tampico. In compenso, il volo è stato perfetto!
Per qualche giorno abbiamo
goduto del mare di Tampico e poco dopo sono ripartita per il Mante. È incredibile
come, nonostante la situazione di degrado della città dovuto alle problematiche
legate al narcotraffico, esistano persone che non demordono e creano gruppi di
lettura, scrittura con iniziative molto costruttive. Un mondo che mi
meraviglia, perché è facile cadere nel vittimismo e rinchiudersi in circoli
viziosi di negatività in simili situazioni. A parte gli amici del Colectivo 3 che ho conosciuto l’anno
scorso, ho partecipato un sabato mattina ad una riunione del Tè De
Leer, (persone amanti della lettura e scrittura). Ci siamo riuniti in una
simpatica caffetteria di nome Cafettos
Mante. Uno si può immaginare un menù di torte e pasticcini insieme al caffè:
niente di più sbagliato; in realtà questo Cafettos è un piccolo ristorante con
gustosi piatti messicani dove una simpatica cameriera interrompeva la lettura
di Milan Kundera con la musica folkclorica che si liberava da qualche radiolina
nascosta dentro la tasca del grembiule. Questo è uno dei motivi che mi fanno
amare il Messico: la spontaneità. E chiedo scusa agli amici del Tè De Leer, ma
la cameriera musicale è rimasta nel mio cuore più che le parole di Kundera.
Al Mante ho avuto anche
l’opportunità di visitare la Casa
de la Cultura ,
ora conosciuta come IRBA. È stato molto piacevole vedere come siano arrivati a
termine i lavori di ristrutturazione iniziati anni fa; il museo è molto ben
presentato, ed erano in corso molte attività come: pittura, lezioni di musica,
di ballo moderno e folkclorico dove i bambini e i giovani potevano godere e
partecipare a titolo gratuito durante i pomeriggi delle vacanze estive. Ci sono
anche delle riunioni di lettura organizzate da CONACULTA attraverso l’operato
di mia sorella Marcela. Grande fermento culturale!
In quegli ultimi giorni del
mio soggiorno lì, non sono mancate le occasioni di cene sociali con amici e
parenti molto piacevoli. È sempre bello sentire l’abbraccio di tutti quelli che
mi sono vicini.
Prima di lasciare la mia
città natale, Mante, sono andata a farmi una manicure in una piccola estetica.
Vi dirò che al Mante ci sono un sacco di questi piccoli negozietti di estetica
ma quasi tutti sono privi di professionalità. Ho avuto diverse esperienze
negative negli ultimi anni e c’è una cosa che li accomuna: la televisione
accesa nel canale delle “telenovelas”,
un vero incubo! Questa volta, la manicure era una ragazza giovane, sui 20 anni,
molto grassa e di carnagione molto scura. Si è seduta di fronte a me con la tv
alle sue spalle e col volume altissimo; non fece parola, è stata muta durante
il lungo tempo che durò la manicure, probabilmente per non perdere il filo degli irritanti dialoghi, dei litigi e pianti dei protagonisti delle telenovelas.
Dopo un’ora in cui credevo di diventare pazza guardando telenovelas con dei
titoli come: Tu y yo, El camino de
amarguras, Lo que la vida me robó e la pubblicità martellante del detersivo
per i piatti “Salvo”, finalmente arrivò il momento di scegliere lo smalto per
le mie unghie. Quale sorpresa, il campionario di colori degli smalti erano le sue
mani grassottelle. Ogni unghia era dipinta di un colore diverso!
Alcuni giorni dopo salutai la
mia famiglia. È sempre triste dire arrivederci, anche se, a essere sincera, ora
con Facebook mi sento molto più vicina a tutti. Sono andata via a Tampico con
il comodo bus di Transpais e il giorno dopo presto ho preso l’aereo per Città
del Messico. Una volta lì sono andata a Cuernavaca, dove trascorsi il fine
settimana prima del mio ritorno in Italia.
Ma questo merita un capitolo
a parte. Ora posso solo raccontarvi di una squisita colazione in un giardino di
sogno, dove eleganti pavoni passeggiavano in coppia e due simpatiche galline
giapponesi, spettinate e di bianco piumaggio, scorrazzavano tranquille fra i
tavoli. Al suono dell’acqua di una cascata in fondo al giardino, s’univa la
calda voce di sapore antico di Pedro Vargas che cantava Reloj.
Versión en español
Los primeros quince días de julio en Florencia fueron de un calor tórrido,
como una preparación física y mental para nuestra partida y llegada al noreste
de México: Tampico, Mante y Monterrey.
Este año partí con mi hijo Filippo. Eran seis años ya desde que él no iba a
México y toda la familia lo esperaba con alegría. El vuelo de Florencia a París
fue de lo más tranquilo y carente de emociones, lo que para mi actual fobia de
volar resulta perfecto.
La sorpresa fue volver a estar en el aeropuerto Charles de Gaulle.
Finalmente terminados los trabajos de los años precedentes, que lo hacían feo e
incómodo, ahora la parte de vuelos internacionales luce enorme y luminosa. Hay
amplios espacios con chaise lounge de
un fuerte color anaranjado y por sus formas parecen lenguas de fuego, todos
acomodados frente a los grandes ventanales que descubren un cielo de Magritte.
De inmediato te invade una sensación de bienestar increíble. Todo aparece
elegante y silencioso, solo de vez en cuando irrumpen las melodías que algún
pasajero suena en el piano acomodado a propósito al fondo de la estancia.
Son varias las horas de espera para abordar el vuelo de Aeroméxico, por lo
tanto aprovecho para recostarme en una de estas maravillosas lenguas de fuego.
Me atrevo a quitarme los zapatos y con los pies descalzos tengo la sensación de
estar al aire libre en un parque, en una playa, disfrutando de tan celeste
cielo.
Más tarde me aventuro en la búsqueda de algo de comer y me doy cuenta que
los franceses viven de perfumes, de sedas, de chocolaterías y de los elegantes
y chic “macarons” tanto de moda en
estos días, pues para encontrar un restaurante tuve que recorrer a lo largo y
ancho gran parte del aeropuerto. Encuentro solo dos lugares para refrigerios;
uno solo con snacks y el otro un
restaurante que no ofrece muchas variedades de comida. Sin embargo, me llamaron
la atención los dos tipos de alimentos que prevalecen en el menú: baguette con
queso brie, nueces y pasitas (platillo nacional) y el otro, cous-cous, bulgur
con azafrán (platillo de las colonias).
Satisfecha de mi sándwich de queso, me dirijo a los baños recién
remodelados, muy modernos, donde el acero de los lavabos contrasta con las
puertas de color anaranjado. Más lenguas de fuego. Ahí una simpática señora
china me pide pasta de dientes y, como dos camaradas, nos lavamos la boca al
unísono frente al gran espejo.
Tengo muchos años viajando a México durante el verano y puede parecer un
viaje siempre igual pero, no obstante que es más o menos el mismo período e intinerario
siempre, cambio de líneas aéreas. Esta vez de ida volé con Aeroméxico, partner
de skyline con Airfrance y KLM. Fue
una verdadera sorpresa ver lo nuevo que estaba el avión; no era un superjumbo
pero sí mucho más cómodo, con más espacio para estirar las piernas, muy limpio
y, sobretodo, el equipo de sobrecargos: todos jóvenes y superamables. No hay
cosa peor que viajar con sobrecargos cercanos a su jubilación, ¡ya hartos de
tan arduo y fatigante trabajo!
La travesía transoceánica para alguien que no logra dormir como yo se hace
larga, aburrida y cansada. Aunque ahora con las pantallas individuales se puede
pasar el tiempo viendo alguna película. De vez en cuando durante el vuelo hay
alguna turbulencia, pero es una cosa mínima y vale contra lo aburrido del
viaje.
Llegamos al aeropuerto de la
Ciudad de México en la madrugada, como a las 3:30. si uno se
esperara el aeropuerto semi desierto por el horario, se equivocaría totalmente;
eso parecía un mercado en pleno mediodía. Partimos una noche silenciosa de
París y amanecimos en un México ruidoso.
Después de unas horas, resuelto un problemilla con los pases de abordaje,
nos embarcamos para el corto vuelo a Tampico. Ahí nos estaban esperando con un
espléndido desayuno que consistía en varias frutas: papaya, piña, melón,
sandía, uvas, kiwi (un arcoiris de colores), yogurt griego, muesli y granola, huevos al gusto,
frijoles, tortillas y picante salsa y, claro, no podía faltar el café negro
americano... arrivederci al espresso.
Unas dos horas de reposo y salimos a la playa, donde nos reunimos con el
resto de la familia. Disfrutamos de la compañía, del sol, de la deliciosa agua
del mar, de ricos camarones gigantes, jaibas rellenas, salpicón y refrescantes
cervezas. ¡Nada mal para ser el primer día en tierra mexicana!
Llegar al Mante y atravesar el boulevard principal da siempre una sensación
extraña, como de abandono. No sé si por ser una ciudad polvorosa, recuerda esas
casas deterioraradas por el pasar del tiempo semiabandonadas.
El encuentro con la familia es tranquilizante. La casa de mi madre es de
color ámbar. La sala y el comedor, en otro tiempo llenos de vida, parecen
suspendidos en el umbral del olvido. Los sillones parecen rígidos y
endurecidos; ya nadie se sienta en ellos. Los objetos están cubiertos por una
ligera capa de polvo que parece cubrir también los recuerdos. De vez en cuando
paseo en esa habitación observando en silencio cada cosa que está ahí desde
siempre; me llena de melancolía. En las paredes hay varios cuadros; dos de
ellos son míos, los pinté de jovencita cuando me creía artista. Uno de ellos es
un cuadro que en la pintura viene llamada La Vanitas
porque representa la efímera condición de la existencia a través de elementos
simbólicos, en este caso las velas que yo pinté en botellas viejas de vino. Lo
curioso es que entonces no sabía nada sobre esta corriente pictórica de 1600,
que se desarrolló principalmente en Holanda. El otro cuadro es una copia de la
famosa pintura Jesucristo Tata, del
pintor mexicano Francisco Goitia. Como pueden notar a través de “mis obras”, ya
entonces no era una persona muy alegre ni optimista. El cuadro es bellísimo,
pero de una tristeza infinta.
Después de una semana en familia, de buena convivencia y despreocupación,
partimos para Monterrey en un autobús de Transpais, el medio de transporte más
usado en estos tiempos de inseguridad. Me llama la atención cómo una empresa
privada ha logrado una profesionalidad tan alta: los autobuses salen siempre
puntuales, sus choferes se muestran muy amables, limpios y respetosos. Los
asientos son comodísimos, con largo espacio para la piernas. Cada asiento en su
respaldo tiene su pantalla personal con un catálogo de entretenimiento que va
desde doce películas internacionales, ebooks como Las flores del mal de Ch. Baudeliere, La educación sentimental de Flaubert o La decadencia de la mentira de Oscar Wilde. Puede uno también
escoger audiolibros como El Decamerón
de Boccaccio, El idiota de Fiodor
Dostoievsky, o La letra escarlata de
N. Hawthron. ¡Nada mal! O sencillamente escuchar un buen concierto o música
pop.
Este es uno de los contrastes que me ha impresionado más en este viaje a
México. De una parte, un alto porcentaje de analfabetismo, y de la otra, medios
de tansporte de primer mundo con un abanico de ofertas culturales
extraordinarias.
Una noche en Monterrey junto con mi sobrino y su esposa fuimos a cenar al
aire libre a la gran terraza de un restaurante. Esa noche pasarían el juego de
futbol correspondiente a la Copa Libertadores entre los Tigres de Monterrey y
el River Plate de Argentina. Había muchas pantallas de televisión por todos
lados, acomodadas estratégicamente para que todos pudieran apreciar el juego
donde quiera que estuvieran sentados. El lugar estaba lleno de gente, todos muy
emocionados y alegres. En todas las mesas había una cantidad de cervezas
impresionante; en toda mi vida no había visto esa cantidad de botellas.
Grandes, chicos, hombres, mujeres bebiendo sin parar. Los meseros se movían
entre las mesas ágiles y rápidos como mangostas, de manera que ningún comensal
pudiera quedarse con hambre y sin beber!
La oferta de platillos era deliciosa, desde el momento en que nos sirvieron
un pulpo asado apoyado en una tabla con papas fritas fue un continuo desfile de
exquiciteces.
Probablemente yo era la única no interesada en el partido; no amo el
futbol. Me entretuve observando a las personas, tratando de platicar, aunque el
barullo lo hacía casi imposible. No obstante esta confusión, bastaba volver la
mirada al cielo y serenarse a la vista del bellísimo Cerro de la Silla , que surgía entre dos
modernos rascacielos e iluminado por una magnífica luna llena. El contraste
entre lo moderno y la fuerza de la naturaleza era impresionante.
El resto de la noche se llenó de ruidos, de expresiones de júbilo o de
desilusión en los momentos en que el balón se acercaba a la portería. Ruido,
ruido, gente comiendo, bebiendo, miradas que se cruzaban y no se veían, cada
uno enajenado por el futbol. Fue como estar en el estadio, creo.
Estar con mis sobrinos es siempre un placer, pues son siempre gentiles. Al
día siguiente del juego, no obstante lo lejos del aeropuerto, Jesu mi sobrino
regresó del trabajo para llevarnos a tomar el avión hacia Tampico. Y ahí volví
a mi vicio de observar a las personas durante el tiempo de espera. La terminal
de Vivaerobus es realmente fea y vieja; parece más una terraza que
improvisamente se transforma en terminal de aeropuerto. Observé muchas mujeres
de todas las edades vestidas con shorts muy cortos y tacones de doce
centímetros, algunas cargando grandes sentaderas. Me pregunto siempre, ¿cómo
hacen para viajar vestidas en esa manera? Y los hombres, nada menos, vestidos
con bermudas de orquídeas y gorras, ya listos para echarse clavados en el mar
de las localidades a donde se dirigen. La primera impresión al subir al avión
fue desastrosa, ¡quería a Transpais de vuelta!. El aeroplano estaba lleno de
moscas y hacía un calor tremendo —el aire acondicionado empezó a enfriar casi
llegando a Tampico. En compensación, ¡el vuelo estuvo perfecto!
Por varios días disfrutamos de las aguas del mar en la playa de Tampico y,
después, regreso al Mante. Es increíble cómo, no obstante la situación de
degradación en la ciudad debido a los problemas ligados al narco, existen
personas que no desisten y forman grupos de lectura, de escritura con
iniciativas muy productivas. Un mundo que me maravilla, pues es fácil caer en
el victimismo y no salir de ciertos círculos viciosos de negatividad en
situaciones semejantes. Aparte de los amigos del Colectivo 3 que conocí el año
pasado, participé un sábado por la mañana en una reunión de amantes de las
letras (escritas o leídas), en una cafetería de nombre Cafettos Mante. Ahí uno
pudiera imaginarse un menú de pasteles junto al café, pero nada más equivocado;
este Cafettos es un pequeño restaurant de ricos antojitos mexicanos, donde una
simpática y alegre mesera interrumpía las lecturas de MIlan Kundera con la música
ranchera que se liberaba de algún artefacto escondido en la bolsa de su
delantal. Esto es lo que me hace amar a México: la espontaneidad. Y que no se
me ofendan los amigos del Té De Leer, pero la mesera musical se quedó en un
especial rincón de mi corazón más que las palabras de Kundera.
En Mante también tuve la oportunidad de visitar la Casa de la Cultura , ahora conocida
con el nombre de IRBA. Fue una alegría ver cómo todos los trabajos de
restauración habían llegado a su fin; el museo completamente bien presentado, y
muchas actividades funcionando magnificamente: clases de música, de pintura, de
danza moderna y folclórica donde los niños y jóvenes pueden aprender y
disfrutar en las tardes. También mi hermana Marcela, a través de Conaculta,
organiza reuniones de lectura. ¡Grande fermento cultural!
En esos últimos días de mi estancia ahí, no faltaron las ocasiones de cenas
sociales con los amigos y familiares más cercanos a mí, las cuales las disfruté
muchisimo. Es siempre bonito sentir el abrazo de todos.
Antes de partir me quise arreglar las manos y por comodidad escogí un
pequeño salón de belleza cerca de casa de mi mamá.Tal vez ustedes no me crean
pero en el Mante hay muchísimos de estos saloncitos o estéticas, aunque la
mayoría poco profesionales. He tenido varias malas experiencias en estos
últimos años y una cosa tienen todas en común: la televisión prendida en el canal
de las telenovelas, ¡una verdadera pesadilla! Esta vez, la chica que me hizo el
manicure era bastante joven, como de 21 años, muy gorda y de piel morena. Se
sentó de frente a mí con la TV
a sus espaldas y a todo volumen; no pronunció palabra, estuvo muda en el largo
rato que duró el manicure, probablemente para no perder una palabra de los
irritantes diálogos, pleitos y llantos de los protagonistas noveleros. Después
de una hora de estarme volviendo loca entre las telenovelas de títulos como: Tu y yo, El camino de amarguras, Lo
que la vida me robó y la publicidad martillante del jabón para platos
Salvo, finalmente llegó el momento de escoger el esmalte para mis uñas. Y cuál
no sería mi sorpresa, que el muestrario de colores eran sus cortas manos regordetas.
¡Cada uña estaba pintada de un color diferente!
Unos días después me despedí de mi familia. Siempre es triste decir “hasta
luego”, aunque si para ser sincera, ahora con Facebook me siento mucho más
cercana a todos. Salí para Tampico en un cómodo bus de Transpais y al día
siguiente, temprano, tomé el vuelo para la Ciudad de México. Una vez ahí viajé a Cuernavaca,
donde pasé el fin de semana antes de mi regreso a Italia.
Pero este capítulo merece otro espacio. Ahora puedo solo contarles de un
delicioso desayuno en un jardín de ensueño, donde elegantes pavoreales paseaban
en pareja y dos simpáticas gallinas japonesas, despeinadas y de plumaje blanco,
correteaban entre las mesas. Al sonido del agua de una casacada al fondo del
jardín, se unía la cálida voz de sabor antiguo de Pedro Vargas que cantaba Reloj.
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