Montagne Pistoiesi |
Domenica scorsa emozionata come una scolara nella sua prima gita scolastica sono partita insieme a mia figlia alla città di Pistoia in Toscana ad ascoltare la conferenza del titolo “ Cibo,l’arcano del dono” dell’antropologo napoletano Marino Niola.
Nelle mie spalle il piccolo zaino con tutto il necessario per passare una mezza giornata fuori casa: un taccuino e penna per scrivere piccole note sulle mie impressioni, la bottiglietta d’acqua, il portafoglio e fazzoletti.
La stazione centrale di Firenze è piena di gente, di colori, di odori, e di rumori che si confondono creando un gran carnevale. Saliamo sul treno che è già lì al binario numero 7, scegliamo una carrozza piccola e prendiamo posto. Piano, piano si riempie e inizia una sfilata di persone che attraversano le carrozze cercando un posto a sedere.
Il treno se dirige a Viareggio e ci sono molte fermate in un percorso corto. Nella attesa della partenza osservo una coppia di ragazzi giovani molto speciali, lui un magro giapponese piuttosto alto con capelli lunghi e lisci, parla un ottimo italiano. Lei una ragazza italiana vestita come un personaggio uscito dai fumetti , manga? Indossa un vestito infantile bianco con un grembiule fucsia, lo stesso colore delle sue lenti a contatto che donano ai suoi occhi questo speciale e colorito sguardo. Dalla sua testa escono piccole corna che si confondono fra i suoi neri capelli. Parla continuamente con il suo lungo e secco amico orientale.
Quasi di fronte a noi c’è un uomo italiano sulla cinquantina con un ragazzino più o meno di tredici anni, dai suoi tratti somatici sicuramente è d’origine indiana o cingalese, tutto composto, i suoi piccoli occhiali li danno un’aria seriosa, i suoi capelli sono folti, neri e lucidi come le piume d’un corvo.
Accanto a noi c’è una ragazza etiope con le sue vesti colorate, parla al cellulare nella sua lingua per noi incomprensibile. Dietro a noi c’è una signora napoletana con la sua bella figlia sedicenne, una bionda bambolina dagli occhi azzurri come il mare della sua terra. Anche loro parlano al cellulare in uno stretto dialetto napoletano anche essi incomprensibile alle mie orecchie.
Ad un certo punto quando il treno parte tutti quanti parlano al cellulare, le voci si mescolano, le lingue si incrociano, e cosi in un piccolo spazio il mondo si confonde e si sfiora, è una Babele!
Poi col andare del treno all’improvviso tutto tace, lasciando i nostri sguardi fuggire dai finestrini, non è nemmeno un bel paesaggio, chilometri di binari delle ferrovie, vecchi vagoni di treni arrugginiti, muri sfregiati con scritte, un senso di degrado. Ma tra i sassi e la sterpaglia eroici fragili papaveri rossi con la loro bellezza sfidano l’inclemenza del clima e il passaggio di questi treni veloci.
Arriviamo a Pistoia e ci incamminiamo alla Piazza del Duomo, dove nello spazio della misura d’un fazzoletto c’è tutto, è un bel vedere come in tutte le città Toscane.
Pistoia, città fondata dagli Etruschi, e poi dai Romani come punto di appoggio per l’approviggionamento dell’esercito romano in lotta contro i Liguri. Durante l’inverno è una delle città più fredde della Toscana, data la sua posizione vicina all’Appennino e alle montagne Pistoiese. Pistoia fu a lungo alleata di Pisa e Siena, tuttavia nel 1306 si arrese ai nemici di sempre, i fiorentini e i lucchesi perdendo così l’autonomia. Nel’Ottocento la realizzazione delle linee ferroviarie favorì lo sviluppo industriale.
Visitiamo il Museo Civico dentro al Palazzo Comunale. Salendo le scale in pietra ho la sensazione che in qualsiasi momento potrei sentire il rumore dello strascico delle veste da qualche fanciulla del Rinascimento che si aggira nel palazzo.
Dopo avere ammirato una sfilata di madonne con bambino, opere del ‘700 e del’800 trovo un unico quadro che mi colpisce più di tutti gli altri,, soprattutto per i colori e la luce,mi ricorda il Caravaggio. Ed infatti appartiene ad un anonimo Caravaggesco, “La visione di San Girolamo” XVIII. La figura del santo ha il magro torso nudo, la pelle d’un pallido sorprendente che contrasta con il rosso delle veste che copre i fianchi, ma c’è la luce del Caravaggio che magnifica il tutto, in un angolo il teschio, simbolo della “ vanitas”, per ricordare l’effimera condizione dell’esistenza.
Da lì entriamo al Duomo che si presenta con una facciata priva d’ornamenti ma con la tipica decorazione di strisce di marmo bianco e nero. Già dal portico trecentesco si sente l’aroma del incenso. Dentro è quasi vuoto, è bellissimo, la navata e lunghissima e molto semplice, ci mettiamo a sedere sulle panche di legno in fondo alla cattedrale di San Zeno, dall’alto la vetrata lascia filtrare i raggi del sole avvolgendo l’ambiente con una fine velatura suscitando un silenzioso misticismo che ci dà una sensazione di quiete inaspettata.
Prima d’arrivare alla Piazza dello Spirito Santo dove si terrà la conferenza, attraversiamo una strada con il curioso nome di: Via Abbi Pazienza*! ed è questo che vi chiedo io, pazienza, per non avervi raccontato niente sulla conferenza “Cibo , l’arcano del dono”ma mi sono persa nel grande carnevale della vita. Ma vi assicuro che presto riprenderò l’argomento, è una promessa!
*la tradizione popolare vuole che questa via abbia preso il nome d’un assurdo fatto di sangue, legato sempre al periodo della lotta fra le fazioni. La storia è questa: un uomo nascosto nelle tenebre stava attendendo un nemico per aggredirlo, quando un ignaro passante ebbe la ventura di passargli vicino. L’uomo gli saltò addosso riducendolo in fin di vita. Accortosi dello sbaglio si scusò dicendo laconicamente: “Abbi pazienza”.
Version en castellano:
El domingo pasado emocionada como un escolar en su primera excursión escolástica partí junto a mi hija a la ciudad de Pistoia en Toscana a escuchar una conferencia del título “Alimento, el arcano del don” del antropólogo napolitano Marino Niola.
A mis espaldas mi pequeña mochila con todo lo necesario para pasar una tarde fuera de la casa: una libreta y pluma para escribir pequeños apuntes sobre mis impresiones, la botellita de agua, la cartera y pañuelos de papel.
La estación central de trenes de Florencia está llena de gente, de colores, de olores, y de ruidos que se confunden creando un gran carnaval. Subimos al tren que ya está ahí en el binario número 7, escojemos un vagón chico y nos sentamos. Despacio se llena e inicia una desfile de personas que atraviesan los vagones buscando un lugar donde sentarse.
El treno se dirige a Viareggio y hay muchas paradas en un recorrido corto. En la espera de la partida observo una pareja de jovenes muy especiales, el un delgado japonés muy alto con su pelo largo y lacio, habla un excelente italiano. Ella una muchacha italiana vestida como un personaje de cómics, me pregunto si es algún personaje de los comics manga, lleva un vestido infantil blanco con un delantal fucsia, el mismo color de sus pupilentes que dan a sus ojos este especial tinte a su mirada. De su cabeza salen pequeños cuernos que se confunden con sus negros cabellos. Habla continuamente con su alto y flaco amigo oriental.
Casi frente a nosotros está un hombre italiano en la cincuentena con un chiquillo de unos trece años, de sus razgos somaticos seguramente es de origen hindú o cingalese, muy ordenado, sus pequeños lentes le dan un aire severo, y sus cabellos son abundantes, negros y lustrosos como las plumas de los cuervos.
A mi lado está una joven etiopia con sus vestidos llenos de colores, habla en el celular en su idioma para nosotros incomprensible. Detrás está una señora napolitana con su bella hija adolescente, una muñequita rubia con sus ojos azules como el mar de su tierra. También ellas hablan con el celular en un difícil dialecto napolitano, también este incomprensible a mis oidos.
A un cierto momento cuando el tren parte todos estàn hablando al celular, las voces se mezclan, los idiomas se cruzan, y así en un pequeño espacio el mundo se confunde y se roza, es una Babel!
Con el andar del treno al improviso todos se callan, dejando huir nuestras miradas por las ventanas. No es ni siquiera un bonito paisaje, kilometros de binarios de los ferrocarriles, viejos vagones oxidados, muros marcados con escritas, una sensación de degrado. Pero entre las piedras y los matorrales heroicas frágiles rojas amapolas con su belleza desafían la inclemencia del clima y del pasar de estos veloces trenos.
Llegamos a Pistoia y nos encaminamos a la plaza del Duomo, donde en un espacio del tamaño de un pañuelo está todo, es una bella vista como en todas las ciudades de la Toscana.
Pistoia , es una ciudad que fué fundada por los Etruscos, y después por los Romanos pues servía de punto de apoyo para el abastecimiento del ejército romano en lucha contro los Ligures. Durante el invierno es una de las ciudades más frías de la Toscana debido a su posición cerca de los Apeninos y de las montañas Pistoieses. Pistoia fué por largo tiempo aliada de Pisa y Siena, todavía en 1306 se arrendió a sus enemigos de siempre, los florentinos y los luqueses perdiendo así su autonomía. En el ‘800 la realización de las líneas de ferrocarriles favorecieron el desarrollo industrial.
Visitamos el Museo Cívico dentro el Palacio Comunale. Subiendo las escaleras en piedra tengo la sensación que en cualquier momento puedo oir el rumor de la cola del vestido arrastrandose de alguna doncella del Renacimiento que ronda en el palacio.
Después de haber admirado una cantidad de “madonne con bambino”, obras del ‘700 y del ‘800, encontré un cuadro que llamó mi atención, sobretodo por sus colores y su luz, me recuerda el Caravaggio. Y precisamente pertenece a un anónimo Caravaggesco, “La visión de San Gerolamo” XVIII . La figura del santo tiene un enjuto torso desnudo, la piel de un pálido sorprendente que contrasta con el rojo de la vestidura que cubre los costados, pero es la luz del Caravaggio que hace magnífico todo. En una esquina está una calavera, símbolo de “la vanitas”, para recordar la efímera condición de la existencia.
De ahí entramos al Duomo que se presenta con una fachada desprovista de ornamentos pero con la típica decoración de bandas de marmol blancas y negras. Desde el atrio del ‘300 se siente el olor del incienso. Adentro está casi vacío, es bellisimo, la nave central es muy sencilla, no sentamos en las bancas de madera en fondo a la catedral de San Zeno, del alto la ventana deja filtrar los rayos del sol envolviendo el ambiente con un fino velo sucitando un silencioso misticismo que me da una sensación de paz inesperada.
Antes de llegar a la Plaza del Espiritu Santo donde será la conferencia atravesamos una calle con el curioso nombre de Via Abbi Pazienza! * (Calle Ten Paciencia ), y esto es lo que les pido yo, paciencia, por no haberles contado nada sobre la conferencia “Alimento, el arcano del dono” pero me perdí en el carnaval grande de la vida. Les aseguro que lo más rápido posible volveré a tocar este argumento, es una promesa!
*La tradición popular dice que esta calle ha tomado este nombre de un absurdo acontecimiento de sangre, siempre en el período de lucha entre facciones. La historia es esta: un hombre escondido en las tinieblas estaba esperando su enemigo para atacarlo, cuando un desconocido transeúnte tuvo la desgracia de pasar por ahí. El hombre se le aventó encima causandole la fin de su vida. Dandose cuenta del hecho y de su error se disculpó diciendo lacónico: “Abbi pazienza, Ten paciencia”.
Tu relato es estupendo..
RispondiEliminaGracias hermana... la proxima vez pero vienes con nosotras!! (Cuernavaca?)
EliminaExcelente excelnte te felicito tienes una facilidad para describir cada persona momneto paisaje, interiorisas mucho con tu perspectiva del sentir del vivir sigue así adelante
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