martedì 27 novembre 2012

Onion Dip (salsa di cipolla) (dip de cebolla)



Il Dip di cipolla è una salsa cremosa con la panna acida o yogurt greco, molto usata come aperitivo negli Stati Uniti e Messico. Si serve con verdure crude o con patatine o tortilla chips. Molto stuzzicante da gustare in compagnia degli amici con un buon bicchiere di fresco prosecco.

Ingredienti:
500ml di panna acida o yogurt greco
120ml di maionese
¼ cipolla ben grattugiata
1 cucchiaio di prezzemolo tritato
1 cucchiaio d’aneto tritato
1 spicchio d’aglio spremuto
1 cucchiaino di salsa Worcestershire
sale e pepe al gusto

Preparazione:
Mescolare tutti gli ingredienti fino ad amalgamare il tutto perfettamente. Coprire e tenere in frigo per al meno 2 ore. Pulire e tagliare le verdure a bastoncini, usare carote, sedano, foglie d’indivia belga, fettine di finocchi, e pomodori piccoli.
Potete mettere metà della salsa con le verdure e metà con le patatine.


Versión en castellano

El dip de cebolla es una salsa cremosa con crema àcida o con yogurt griego, muy conocida en los Estados Unidos y en México. Se sirve con verduras crudas o con papitas, doritos o galletas. Muy apetitoso para disfrutarlo como aperitivo en compañía de los amigos en la reuniones con una fresca copa de vino prosecco (espumante) o con cerveza.

Ingredientes:
500ml de crema àcida o yogurt griego
120ml de mayonesa
¼ de cebolla bien molida
1 cucharada de perejil picado
1 cucharada de eneldo picado
1 diente de ajo molido
1 cucharadita de salsa Worcestershire
sal y pimienta al gusto

Preparación:
Mezclar todos los ingredientes hasta que quede todo cremoso y homogéneo. Cubrir y tener en el refrigerador al menos 2 horas. Lavar y cortar las verduras en tiritas, usar zanahorias, apio, hojas de ensalda belga, rebanadas de hinojos, tomatitos cereza. Puedes poner el dip en dos charolas, una con las verduras crudas y la otra con las galletas o papitas.









martedì 20 novembre 2012

Cena OXFAM, solidarietà fra i popoli del mondo. Cena OXFAM, solidaridad entre los pueblos





Qualche giorno fa ho partecipato alla raccolta fondi per un progetto di Oxfam Italia chiamato “Coltiva” preparando una cena. L’occasione era di presentare il libro “L’Isola lontana dal mare” dello scrittore, giornalista e fotografo Andrea Semplici. Tutto questo si è svolto in un bellissimo ambiente, in una villa nelle colline di Firenze. La famiglia che ci ha ospitato ci ha fatto sentire subito come a casa date la loro gentilezza e accoglienza.

Andrea Semplici ci ha raccontato una Repubblica Dominicana lontana dal mare, dal mondo turistico dei cataloghi patinati delle agenzie di viaggio, un mondo dentro ai “cañaberales” (piantagioni di canna di zucchero), dove tante delle persone che lavorano e vivono lì praticamente non esistono perché privi di documenti, persone che al mare non ci vanno malgrado sia  lì a solo 30 chilometri dai “bateyes”. Raccomando vivamente l’acquisto del libro, il ricavato va interamente in beneficenza, il libro è molto bello e scritto in maniera molto amena, Andrea ci porta a conoscere la storia di questa isola divisa in due (Repubblica Dominicana ed Haiti) da una frontiera surreale, in più è un viaggio dentro la storia dello zucchero di canna, alimento ormai indispensabile. Agli amici di lingua spagnola in mancanza della versione in castellano del libro propongo di leggere il libro di Isabel Allende, La Isla bajo el mar (ambientato in Haiti) da dove anche lo scrittore ha preso alcuni spunti ed ispirazione.



Inevitabilmente per me è stato un ulteriore viaggio nei ricordi dell’infanzia, dato che sono nata in una regione “cañera” del Messico , tuttora con un Ingenio (dove si produce lo zucchero) in funzione. Sebbene la mia famiglia non si sia mai dedicata alla coltivazione della canna di zucchero, la sua presenza, il suo consumo e l’ambiente che lo circondava era cosa naturale nelle nostre vite. La mia scuola dell’infanzia ed elementare era nella “colonia obrera” (quartiere operaio) dove c’erano l’Ingenio, le case degli operai e i lavoratori della raffineria. La mia scuola era ed è ancora affrescata con magnifiche scene che ripresentano la coltivazione della canna di zucchero e la sua lavorazione, tutti murales del maestro Canito. Dalle finestre delle nostre aule si poteva vedere e sentire il passaggio dei camion pieni di canne che portavano nella raffineria. Il fitto carico di canne strabordava dal rimorchio e veniva agitato come capelli al vento. Per questo motivo i camion vengono chiamati simpaticamente “las despeinados” (le spettinate). I giorni della “zafra” (raccolta e lavorazione della canna di zucchero), portavano in città grandi quantità di cenere nera. Dato che la mia scuola, come già detto, era molto vicina al Ingenio, ricordo che durante la ricreazione ci sedevamo nei corridoi sul pavimento a giocare a “las matatenas” (gioco d’abilità, si buttano a terra 10 stelline di ferro o plastica e bisogna riprenderle facendo saltare una pallina di gomma con la mano) e ci riempivamo di fuliggine dappertutto, le mani e le braccia ma soprattutto le nostre “mutandine”, perciò le nostre mamme ci brontolavano perché praticamente pulivamo tutto il pavimento con i nostri vestiti. Durante i pomeriggi, a casa, era abitudine sbucciare le canne e masticare la polpa riempiendoci la bocca del suo succo fino a sgrondare dalle nostre labbra, per poi sputare la bagassa con grande soddisfazione.
   




Tornando alla serata di OXFAM bisogna dire che il brillante racconto di Andrea Semplici è stato accompagnato dalla lettura di qualche brano del libro e dell’accompagnamento delle suggestive note musicali di una bravissima chitarrista, che ha reso tutto molto intimo e suggestivo.
 Io ho contribuito con un granello di “sapori&saperi”, con la preparazione di un piatto ispirato alla cucina dominicana: Dadolata di pollo con batate e altre verdure in agrodolce, fagioli rossi piccanti, riso bianco, e come dessert: crema di maizena con madeleine. 

Version en castellano


En días pasados participé a la recolección de fondos para un proyecto de Oxfam Italia llamado “Coltiva” preparando una cena. La ocasión era presentar el libro “L’isola lontana dal mare” del escritor, periodista, fotógrafo italiano Andrea Semplici. Todo esto ocurrió en un bellisimo ambiente, en una villa en las colinas de Florencia. La familia que nos hospitó nos hizo sentir como en nuestras casas por su gentilez y por su modo de acogernos.


Andrea Semplici nos ha relatado de una República Dominicana lejos del mar, del mundo turístico de los catálogos de las agencias de viajes, un mundo adentro de los cañaberales, donde tantas personas que trabajan y viven ahí prácticamente no existen porque no tienen documentos, personas que al mar nunca van aunque si está a unos 30 km. de los “bateyes” (viviendas, dormitorios). Recomiendo vivamente la compra del libro, las ganancias de su venta va enteramente en beneficiencia, el libro es muy bello y escrito en manera muy amena, Andrea nos lleva a conocer la historia de esta isla dividida en dos partes (Rep. Domincana y Haití) por una frontera surreal, también es un viaje dentro la historia de la caña de azúcar, alimento para nosotros ahora indispensable. A los amigos de lengua española por falta de la versión en castellano de este libro les propongo leer el libro La Isla bajo el Mar, de Isabel Allende, (ambientado en Haití) de donde también el escritor toma algunos apuntes e inspiración.



Inevitablemente para mi ha sido un ulterior viaje en los recuerdos de infancia, ya que nací en una ciudad cañera de México, todavía con un ingenio en función donde se produce el azúcar. 

Aunque si mi familia nunca se haya dedicado a la cultivación de la caña de azúcar, su precencia, su consumo y el ambiente que lo rodeaba era una cosa natural en nuestras vidas. Mi escuela de la infancia y la primaria estaba situada en la colonia obrera donde estaba el ingenio, las casas, habitaciones de los obreros, trabajadores y empleados de la refinería. Mi escuela primaria estaba y está afrescada con magníficos murales con representaciones de la cultivación de la caña de azúcar, de su producción, todas obras del maestro Canito. De las ventanas de nuestras aulas se podía oir y ver el paso de los camiones llenos de cañas que llevaban al ingenio. El cargo pesado de cañas se desbordava y venía agitado como cabellos en el viento y por eso se usa llamarlas “las despeinadas”. Los días de zafra llenaba la ciudad de cenizas negras, nuestra escuela estando tan cerca del ingenio se cubría de tizne, recuerdo que en el recreo nos sentabamos en los pasillos a jugar a la matatena, y acababamos todas negras de los brazos, manos, piernas y sobretodo de nuestros “calzones” por ello nuestras madres nos llamaban la atención porque practicamente limpiabamos el pavimento con nuestras ropas. En las tarde, en la casa, era costumbre pelar la caña y masticar su pulpa llenandonos la boca de jugo hasta hacerlo escurrir de nuestros labios, para después escupir el bagazo con grande satisfacción.


Regresando a la velada de OXFAM hay que notar también que el brillante relato de Andrea Semplici estubo acompañado de la lectura de algunos párrafos del libro y de la ejecución de algunas notas musicales de una bravisima guitarrista, y que creó un ambiente muy intimo y sugestivo.
Yo contribuí con un granito de “sapori&saperi” con la preparación de un platillo inspirado a la cocina dominicana: pollo con batate, piña y otras verduras en agridulce, frijoles rojos picantes, arroz blanco, y como postre, crema de maizena (natillas). A continuación las recetas.

Versione in italiano

Dadolata di pollo con batate in agrodolce

Ingredienti per 6 persone
6-8 cosce o sopra cosce disossate e tagliate a dadi
2 carote a dadini
2 batate      “
2 patate      “
4 rebanadas di ananas a dadini
½ tazza di succo di lima
¼ tazza di zucchero grezzo
½ tazza d’acqua
1 cucchiaino di concentrato di pomodoro
3 cucchiai d’olio d’oliva
1 o 2 spicchi d’aglio spremuto
sale&pepe

Preparazione

Fare una salsa con il succo di lima, l’acqua, lo zucchero, il concentrato di pomodoro, sale e pepe, olio d’oliva e aglio, emulsionare e far sciogliere bene il tutto a fuoco basso per qualche minuto. Spegnere e lasciare raffreddare. Mettere a marinare la carne in  questa salsa per 2 ore. Nel frattempo potete sbucciare e tagliare a dadini tutte le verdure. Una volta che tutto è pronto, riscaldare dell’olio in una larga padella dove andrete a soffriggere i pezzettini di pollo scolati dalla salsa, una volta che prendono colore si aggiunge la verdura, si mescola tutto, si prova di sale e pepe, si aggiunge un po’ di salsa se è necessario, e si fa cuocere per circa un’ora. Servire con riso bollito a chicco lungo.



Fagioli rossi (lingue di fuoco)

Ingredienti per 6-8 persone

450 di fagioli lessati
150g di pancetta affumicata
1 cipolla bianca
1 costola di sedano
1 spicchio d’aglio
2 cucciai di concentrato di pomodoro
Origano
Sale e pepe
peperoncino
½ dado di brodo vegetale

Preparazione

Cuocere i fagioli.
Scaldate l’olio in una pentola e soffriggete la pancetta a quadretti, una volta ben colorita aggiungete la cipolla, sedano, l’aglio spremuto, l’origano, sale e concentrato di pomodoro e 2 cucchiai d’acqua per sciogliere il dado. In seguito i fagioli e 750 ml d’acqua, mescolate bene e cuocete fino a quando non appare di una consistenza cremosa. Servite nelle ciotole insieme al piatto di pollo e riso.






Crema di maizena o Natillas.

Ingredienti per 8-10 persone

1 scatoletta di latte condensato
3 tazze di latte
4 cucchiai di maizena
1 tuorlo grande d’uovo

Preparazione

Si mescola il latte con il latte condensato e si prende una parte di questo e lì si scioglie la maizena e il tuorlo. Si mette il latte sul fuoco e quando inizia il bollore si aggiunge tramite un colino il latte con la maizena e il tuorlo, mescolando sempre facendo attenzione a non formare grumi, quando inizia a bollire si aggiunge un po’ di vaniglia. Abbassare il fuoco e cuocere sempre mescolando fino a che diventi un po’ densa e vellutata. Servire negli stampini per crem caramel, spolverare un po’ di cannella, e a piacere accompagnare con biscotti lingue di gatto o di pasta frolla.

Version en castellano

Pollo con batate en agridulce

Ingredientes para 6 personas

6-8 muslos de pollo deshuesados y cortados en cuadritos
2 zanahorias en cuadritos
2 batate  “               “
2 papas   “               “
4 rebanadas de ananas (pina) en cuadritos
½ taza de jugo de limón
¼ taza de azúcar moreno
½ taza de agua
1 cucharita de concentrado de tomate
3 cucharadas de aceite de oliva
1 o 2 dientes de ajo molido
sal&pimienta

Preparación

Hacer una salsa con el jugo del limón, el azúcar, el concentrado de tomate, sal, pimienta, aceite de oliva y el ajo, emulsionar y disolver a fuego suave todo en una cacerola por pocos minutos. Apagar y dejar enfriar. Poner a marinar la carne en la salsa por 2 horas. Mientras pelar, lavar y cortar las verduras en cuadritos. Calentar en una sarten grande un poco de aceite de oliva y dorar el pollo bien escurrido de la salsa (reservar lo que queda), cuando el pollo agarre color agregar las verduras, mezclar todo, probar de sal y pimienta, agregar un poco de la salsa si es necesario, cubrir y cocer por una hora. Servir con arroz de grano largo cocido sin especies, les recomiendo el arroz de Uncle Ben’s.




Frijoles rojos (lenguas de fuego)

Ingredientes para 6-8 persone

450g de frijoles cocidos
150g de tocino
1 cebolla blanca
1 costilla de apio
1 diente de ajo
2 cucharaditas de concentrado de tomate
chile
½ cubo de caldo de pollo Knorr suiza
sal y pimienta
orégano

Preparación

Cocer los frijoles
Calentar el aceite de oliva en un sartén grande y dorar el tocino en cuadritos, una vez dorado agregar la cebolla cortada, el apio, el ajo molido, el orégano, sal , pimienta, chile y el concentrado de tomate y dos cucharadas de agua para disolver el knorr suiza, dejar agarrar sabor y agregar los frijoles cocidos y 750ml. de agua, mezclar todo bien y cocer hasta que sean cremosos. Servir en ollitas individuales junto al pollo y el arroz.
  
Crema de maizena (Natillas)

Ingredientes para 6-8 personas

1 lata de leche condensada
3 tazas de leche
4 cucharadas de maizena
1 yema de huevo grande
1 cucharadita de vainilla

Preparación

Se revuelven las leches perfectamente y se toma una parte de esto y ahí se disuelve la maizena y la yema del huevo. El resto de las leches se pone en el fuego y cuando inicia el hervor se cuela la leche con la maizena y la yema siempre mezclando para no formar grumos, cuando inicia de nuevo el hervor se agrega la vainilla y se baja el fuego y se continua a mezclar hasta que la crema se adense y quede aterciopelada. Recomiendo servirla en moldes individuales. Poner algo de canela en la superficie, dejar enfriar y servir con galletas sencillas.  




























domenica 11 novembre 2012

Circo


Alvuelo
Rogelio Guedea
Me gustan los circos. Pero, como todo en la vida, hay de circos a circos. O eso creía. En realidad no es que haya de circos a circos. Hay, más bien, de personas a personas. Son los anteojos que nos encajamos en el tabique de la nariz los que nos hacen ver la realidad de una u otra manera. Ayer, por ejemplo, fuimos mi hija y yo a uno. Pagamos y nos sentamos en gradas, junto a la entrada. Todo parecía suceder en cámara lenta. Las muchachas caminaban desangeladas, vendiendo varitas luminosas. Una capa de polvo cubría la gradería, las sillas y los palcos, que olían a herrumbre. Era un circo pobre. Muy pobre, a decir verdad. Me entristeció verlo así. Imaginé las penurias de los malabaristas y domadores, las dificultades del dueño para pagarles, las ganas de tener, algún día al menos, un golpe de suerte: alcanzar la gloria. Ya viste, le dije a mi hija señalándole, con cierta consternación, el techo agujereado. Mi hija alzó la vista, abrió los ojos como plato y con una cara de alegría que no le había visto nunca, me dijo: sí, papá, ¡se ven las estrellas!

Este es un escrito de Rogelio Guedea, joven escritor y poeta mexicano, que enseña en Nueva Zelanda. Autor de muchos libros y que escribe artículos para La Jornada Semanal,  (Alvuelo). Leyéndolo en una tarde de lluvia monótona en este otoño Europeo lleno de incertidumbre y de angustias por el futuro próximo, me hizo recordar momentos de mi infancia, permitiéndome de ver las estrellas y llenándome de dicha. El siguiente escrito es mio y nace de una reflexiòn después de la lectura de Alvuelo.



Circo 
Palabra que me ha hecho hacer un viaje atrás en el tiempo a través de los recuerdos de mi infancia. Al improviso me ví junto a mis cuatro hermanas y a mi mamá adentro de esta grande carpa media parchada debido al desgaste de los tantos soles y lluvias tropicales recibidas durante su vida itinerante de pueblo en pueblo.

Adentro todo estaba lleno de polvo y herrumbe, de mallas rotas, de bailarinas con la sonrisa exagerada estampada en bocas de un rojo fuego, de tremulosos flecos de seda brillantes en los trajes casi impúdicos a los ojos de los chamacos, de cuerpos viriles de los trapecistas que a nosotras nos parecían verdaderos colosos, de payasos con sus rostros pintados que en mi provocavan un mixto de alegría y temor.

El ambiente estaba impregnado de ese olor acidulante del estiércol y sudor de los animales mezclados al acerrín tirado en el suelo. Algunas veces el calor hacía el aire irrespirable y todo se volvía como marchito. Créanme que el olor de los trópicos en los períodos de fuerte calor es algo especial y muy difícil de contar, algo como una montaña de mangos podridos mezclados al polvo.

No obstante a estos olores mis hermanas y yo estabamos contentas, privilegiadas sentadas en la primera fila en un palco que gracias a la cooperación de una famoso refresco embotellado producido por la empresa que administrava mi papá habíamos recibido como regalo. Sabíamos también que adentro de esta carpa existía un mundo particular, diferente al nuestro... los niños no íban a la escuela y en vez de estudiar aprendían a caminar en la cuerda o a domar los animales.

Un mundo mágico pero medio aterrador, desconocido a nuestras costumbres, ya solo el hecho que al interno de la carpa a las cuatro de la tarde estubiera lleno de luces y brillantitos y afuera hubiera un sol incandescente era algo de extravagante. También la gente vestida con trajes y disfrazes de colores brillantes, enanos que se transformaban en melánconicos payasos y perritos con falditas fru-fru, me hacían venir un sentimiento como el ansia que rápidamente se disipava al ver el rostro de mi madre siempre sereno con una sonrisa en los labios.


 Versione in italiano

Mi piacciono i circhi. Ma, come tutto nella vita, ci sono circhi e circhi. O quello credevo. In realtà non è che ci siano circhi e circhi. Ci sono,  piuttosto, persone e persone. Sono gli occhiali che ci mettiamo nella punta del naso che ci fanno vedere la realtà in un modo o in un altro. Ieri, per esempio, mia figlia ed io siamo andati  ad uno. Abbiamo pagato e ci siamo seduti nelle gradinate, vicino all’ingresso. Tutto sembrava scorrere al rallentatore. Le ragazze camminavano senza grazia, vendendo bacchette luminose. Una cappa di polvere copriva le gradinate, le sedie e i palchi, che odoravano a ruggine. Era un circo povero. Molto povero, a dire il vero. Mi riempii di tristezza a vederlo così. Ho immaginato le pene dei giocolieri e dei domatori, le difficoltà del proprietario a pagare gli stipendi, la voglia d’avere almeno per un giorno un colpo di fortuna: raggiungere la gloria. Hai visto, le ho detto a mia figlia segnalandole, con una certa costernazione, il tetto bucato. Mia figlia alzò lo sguardo, aprì bene gli occhi e con una faccia piena d’allegria che non le avevo mai vista prima, mi disse: sì, babbo, si vedono le stelle!

Questo scritto è di Rogelio Guedea, giovane scrittore, poeta messicano, che insegna e vive in Nuova Zelanda. Scrive articoli per La Jornada Semanal, (Alvuelo) inserto della domenica del giornale messicano La Jornada. Io con il permesso dello scrittore ho fatto una libera traduzione del testo perché in una giornata grigia di pioggia monotona in questo autunno Europeo pieno d'incertezze per il futuro prossimo, mi ha fatto ricordare momenti della mia infanzia facendomi vedere un po’ di stelle e riempiendomi di gioia. Il seguente scritto è mio e nasce dopo una riflessione al seguito della lettura de Alvuelo.


Circo

Parola che mi ha riportato a fare un viaggio indietro nel tempo attraverso i ricordi della mia infanzia. All’improvviso mi sono vista insieme alle mie quattro sorelle e alla mia mamma dentro a questo grande tendone un po’ rattoppato dal logorio dei tanti soli e piogge tropicali ricevuti nella sua vita itineranti da paesi in paesi.

Dentro tutto era pieno di polvere e ruggine, di calze e maglie bucate, di ballerine col sorriso esagerato stampato in bocche d’un rosso fuoco, di tremule frange di seta brillanti nei costumi quasi impudichi agli occhi dei ragazzini, di corpi virili dei trapezisti che a noi bambine ci sembravano dei colossi, di pagliacci con il loro viso truccato che a me provocavano un misto d’allegria e paura.

L’ambiente era impregnato di quel odore acidulo del letame e sudore degli animali mescolato alla segatura distribuita sulla terra battuta. Certe volte il caldo creava un’aria pesante e tutto diventava come marcio. Credetemi che l’odore dei tropici nei periodi più caldi è qualcosa di speciale e molto difficile da raccontare, qualcosa come un mucchio di mangos andati a male mescolato alla polvere.

Nonostante questi odori io e le mie sorelle eravamo contente, privilegiate sedute in prima fila nel palco che grazie a la cooperazione d’una famosa bibita prodotta dall’impresa che amministrava mio babbo avevamo ricevuto come omaggio. Eravamo anche consapevole che lì dentro a questo tendone c’era un mondo particolare, diverso dal nostro… i bambini non andavano a scuola e invece di studiare loro imparavano a camminare sul filo o a domare gli animali.

Un mondo magico ma anche un po’ pauroso, ignoto alle nostre abitudini, già solo il fatto che alle 4 del pomeriggio dentro il tendone ci fossero tante luci e luccichii, e fuori un sole rovente era stravagante. Poi la gente vestita con costumi pieni di colori e strass, nani che diventavano malinconici pagliacci e cani con gonnelline fru fru mi facevano venire qualcosa come l’ansia ma poi si dissipava rapidamente al vedere il viso della mia mamma sempre sereno con un sorriso sulle labbra.


* le immagini rappresentate sono tutte opere del pittore Marc Chagall
* las imàgenes representadas son todas obras del pintor Marc Chagall








domenica 4 novembre 2012

Pizza di patate - Pizza de papas



Stanchi della solita pizza ma affamati di qualcosa di gustoso e sostanzioso, provate a cucinare questo piatto che si presta a tante trasformazioni, mantenendo la base di patate. Questa ricetta è con zucchine, cipolle e pomodori ma potrete farcire per esempio anche con peperoni e melanzane, oppure con formaggio a dadini e prosciutto cotto.

Ingredienti per 4 persone

600g di patate (circa 4 patate)
250g di farina
50g di burro
60g di emmenthal a julienne
1 cipolla
2 pomodori a fette
2 zucchine
sale&pepe
olio d’oliva







Preparazione

Lessate le patate, sbucciateli, passatele al setaccio poi incorporatevi 50g di burro morbido e a pezzetti, la farina, sale e pepe. Impastate molto bene.
Disponete l’impasto in una teglia rotonda unta, allargandola con le mani. Fate appassire in padella con 2 cucchiai d’olio la cipolla e le zucchine affettate. Disponete sulla base di patate i pomodori a fette avendoli fatto perdere previamente l’acqua, le zucchine, le cipolle e il formaggio. Salate, irrorate con un filo d’olio e cuocete in forno a 180° per una mezza ora.

Versión en castellano


Aburridos de la pizza de siempre pero hambrientos de algo gustoso y sustancioso, prueben a preparar este plato que se presta a muchas transformaciones, manteniendo la base de papas. Esta receta es con calabacitas, tomate y cebolla pero pueden hacerla también con berenjenas y pimientos, o con queso y jamón cocido.


Ingredientes para 4 personas

600g de papas (como 4 papas)
250g de harina
50g de mantequilla
60g de queso rayado (emmenthal, grouyere, manchego)
1 cebolla
2 tomates en rebanadas
2 calabacitas
sal & pimienta
aceite de oliva

Preparación

Cocer las papas, pelarlas y hacerlas puré, agregar la mantequilla suave y en cuadritos, la harina, sal y pimienta. Amasar muy bien todo con las manos y extenderla en un molde redondo unto con aceite de oliva. A parte en un sartén con dos cucharadas de aceite de oliva cocer la cebolla y las calabazas en rebanadas. Disponer en la base de papas las rebanadas de tomate habiendole hecho perder su agua previamente, las calabacitas, la cebolla y el queso rayado. Salar y poner un poco de aceite. Cocer en el horno a 180° por 30 minutos.