Alvuelo
Rogelio Guedea
Me
gustan los circos. Pero, como todo en la vida, hay de circos a circos. O eso
creía. En realidad no es que haya de circos a circos. Hay, más bien, de
personas a personas. Son los anteojos que nos encajamos en el tabique de la
nariz los que nos hacen ver la realidad de una u otra manera. Ayer, por
ejemplo, fuimos mi hija y yo a uno. Pagamos y nos sentamos en gradas, junto a
la entrada. Todo parecía suceder en cámara lenta. Las muchachas caminaban
desangeladas, vendiendo varitas luminosas. Una capa de polvo cubría la
gradería, las sillas y los palcos, que olían a herrumbre. Era un circo pobre.
Muy pobre, a decir verdad. Me entristeció verlo así. Imaginé las penurias de
los malabaristas y domadores, las dificultades del dueño para pagarles, las
ganas de tener, algún día al menos, un golpe de suerte: alcanzar la gloria. Ya
viste, le dije a mi hija señalándole, con cierta consternación, el techo
agujereado. Mi hija alzó la vista, abrió los ojos como plato y con una cara de
alegría que no le había visto nunca, me dijo: sí, papá, ¡se ven las estrellas!
Este
es un escrito de Rogelio Guedea, joven escritor y poeta mexicano, que enseña en
Nueva Zelanda. Autor de muchos libros y que escribe artículos para La Jornada Semanal , (Alvuelo). Leyéndolo en una tarde de
lluvia monótona en este otoño Europeo lleno de incertidumbre y de angustias por
el futuro próximo, me hizo recordar momentos de mi infancia, permitiéndome de ver
las estrellas y llenándome de dicha. El siguiente escrito es mio y nace de una reflexiòn después de la lectura de Alvuelo.
Circo
Palabra que me ha hecho hacer un viaje atrás en el tiempo a través de
los recuerdos de mi infancia. Al improviso me ví junto a mis cuatro hermanas y
a mi mamá adentro de esta grande carpa media parchada debido al desgaste de los
tantos soles y lluvias tropicales recibidas durante su vida itinerante de
pueblo en pueblo.
Adentro todo estaba lleno de polvo y herrumbe, de mallas rotas, de
bailarinas con la sonrisa exagerada estampada en bocas de un rojo fuego, de tremulosos flecos de seda brillantes en los trajes casi impúdicos a los ojos
de los chamacos, de cuerpos viriles de los trapecistas que a nosotras nos
parecían verdaderos colosos, de payasos con sus rostros pintados que en mi
provocavan un mixto de alegría y temor.
El ambiente estaba impregnado de ese olor acidulante del estiércol y
sudor de los animales mezclados al acerrín tirado en el suelo. Algunas veces el
calor hacía el aire irrespirable y todo se volvía como marchito. Créanme que el
olor de los trópicos en los períodos de fuerte calor es algo especial y muy
difícil de contar, algo como una montaña de mangos podridos mezclados al polvo.
No obstante a estos olores mis hermanas y yo estabamos contentas,
privilegiadas sentadas en la primera fila en un palco que gracias a la
cooperación de una famoso refresco embotellado producido por la empresa que
administrava mi papá habíamos recibido como regalo. Sabíamos también que
adentro de esta carpa existía un mundo particular, diferente al nuestro... los
niños no íban a la escuela y en vez de estudiar aprendían a caminar en la
cuerda o a domar los animales.
Un mundo mágico pero medio aterrador, desconocido a nuestras costumbres,
ya solo el hecho que al interno de la carpa a las cuatro de la tarde estubiera
lleno de luces y brillantitos y afuera hubiera un sol incandescente era algo de
extravagante. También la gente vestida con trajes y disfrazes de colores
brillantes, enanos que se transformaban en melánconicos payasos y perritos con
falditas fru-fru, me hacían venir un sentimiento como el ansia que rápidamente
se disipava al ver el rostro de mi madre siempre sereno con una sonrisa en los
labios.
Versione in italiano
Mi piacciono i circhi. Ma,
come tutto nella vita, ci sono circhi e circhi. O quello credevo. In realtà
non è che ci siano circhi e circhi. Ci sono, piuttosto, persone e persone. Sono gli
occhiali che ci mettiamo nella punta del naso che ci fanno vedere la realtà in
un modo o in un altro. Ieri, per esempio, mia figlia ed io siamo andati ad uno. Abbiamo pagato e ci siamo seduti nelle
gradinate, vicino all’ingresso. Tutto sembrava scorrere al rallentatore. Le ragazze
camminavano senza grazia, vendendo bacchette luminose. Una cappa di polvere
copriva le gradinate, le sedie e i palchi, che odoravano a ruggine. Era un
circo povero. Molto povero, a dire il vero. Mi riempii di tristezza a vederlo
così. Ho immaginato le pene dei giocolieri e dei domatori, le difficoltà del
proprietario a pagare gli stipendi, la voglia d’avere almeno per un giorno un
colpo di fortuna: raggiungere la gloria. Hai visto, le ho detto a mia figlia
segnalandole, con una certa costernazione, il tetto bucato. Mia figlia alzò lo
sguardo, aprì bene gli occhi e con una faccia piena d’allegria che non le avevo
mai vista prima, mi disse: sì, babbo, si vedono le stelle!
Questo scritto è di Rogelio
Guedea, giovane scrittore, poeta messicano, che insegna e vive in Nuova
Zelanda. Scrive articoli per La Jornada
Semanal , (Alvuelo) inserto della domenica del giornale
messicano La Jornada. Io
con il permesso dello scrittore ho fatto una libera traduzione del testo perché
in una giornata grigia di pioggia monotona in questo autunno Europeo pieno d'incertezze per il futuro prossimo, mi ha fatto ricordare momenti della mia infanzia facendomi vedere un po’ di stelle e riempiendomi di gioia. Il seguente scritto è mio e nasce dopo una riflessione al seguito della lettura de Alvuelo.
Circo
Parola che mi ha riportato a
fare un viaggio indietro nel tempo attraverso i ricordi della mia infanzia.
All’improvviso mi sono vista insieme alle mie quattro sorelle e alla mia mamma
dentro a questo grande tendone un po’ rattoppato dal logorio dei tanti soli e
piogge tropicali ricevuti nella sua vita itineranti da paesi in paesi.
Dentro tutto era pieno di
polvere e ruggine, di calze e maglie bucate, di ballerine col sorriso esagerato
stampato in bocche d’un rosso fuoco, di tremule frange di seta brillanti nei
costumi quasi impudichi agli occhi dei ragazzini, di corpi virili dei
trapezisti che a noi bambine ci sembravano dei colossi, di pagliacci con il
loro viso truccato che a me provocavano un misto d’allegria e paura.
L’ambiente era impregnato di
quel odore acidulo del letame e sudore degli animali mescolato alla segatura
distribuita sulla terra battuta. Certe volte il caldo creava un’aria pesante e
tutto diventava come marcio. Credetemi che l’odore dei tropici nei periodi più
caldi è qualcosa di speciale e molto difficile da raccontare, qualcosa come un
mucchio di mangos andati a male mescolato alla polvere.
Nonostante questi odori io e
le mie sorelle eravamo contente, privilegiate sedute in prima fila nel palco
che grazie a la cooperazione d’una famosa bibita prodotta dall’impresa che
amministrava mio babbo avevamo ricevuto come omaggio. Eravamo anche consapevole
che lì dentro a questo tendone c’era un mondo particolare, diverso dal nostro…
i bambini non andavano a scuola e invece di studiare loro imparavano a
camminare sul filo o a domare gli animali.
Un mondo magico ma anche un
po’ pauroso, ignoto alle nostre abitudini, già solo il fatto che alle 4 del
pomeriggio dentro il tendone ci fossero tante luci e luccichii, e fuori un sole
rovente era stravagante. Poi la gente vestita con costumi pieni di colori e
strass, nani che diventavano malinconici pagliacci e cani con gonnelline fru fru mi facevano
venire qualcosa come l’ansia ma poi si dissipava rapidamente al vedere il viso
della mia mamma sempre sereno con un sorriso sulle labbra.
* le immagini rappresentate sono tutte opere del pittore Marc Chagall
* las imàgenes representadas son todas obras del pintor Marc Chagall
Il circo è uno di quei posti che attrae le fantasie e le paure più disparate. E' un luogo fuori dai luoghi, itinerante, transeunto, senza una geografia propria e con personaggi che vivono della propria maschera ed attuano attraverso una performance che tende a riprodurre l'ideale del "carattere" che stanno incarnando attraverso la performance. Il circo è esagerazione, è al di là del lecito e dell'illecito, è una bolla di sapone in cui le regole sono sospese ed il pubblico non può che affidarsi all' "improvvisazione imparata" degli attori. Essendo al di là del normale il circo provoca reazioni stra-ordinarie dall'imbarazzo, all'euforia, dall'incanto al terrore. Grazie per aver scritto questo post.
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