giovedì 30 ottobre 2014

Altare dei morti - Altar de los muertos



Questo altare è per la bella morte
che tra noi viaggia invisibile
ridendo di chi si sente forte
perché è lei l’unica invincibile.

Allora mangia, ridi e ama,
ancora ci sei qui, col tuo riflesso
finché non arrivi l’elegante dama
qualsiasi sballo è concesso.








Este altar es para la bella muerte
que viaja invisible entre nosotros
riéndose de quien se siente fuerte
porque es ella la única invencible.

Entonces come, rie y ama,
todavía estás aquí, con tu reflejo
hasta que no llegue la elegante dama
todo divertimiento es permitido.











domenica 26 ottobre 2014

Viaggio a Monterrey, estate 2014 - Viaje a Monterrey, verano 2014



Erano già diversi anni che non andavo a Monterrey, credo dal 2005. In tutto questo tempo per un motivo o per l’altro, avevo rimandato questo viaggio anche se la voglia c’era. Negli anni ’70, precisamente dal 1974 al 1976, ho vissuto due anni straordinari in quella città mentre studiavo al liceo ITESM*, fu un periodo eccezionale per me.

Vivere fuori dalla casa dei genitori in un appartamento insieme alle mie sorelle e amiche in piena libertà. In un ambiente di soli studenti, a una età giovanile quando senti di possedere il mondo, e sei aperta ad esso senza paura, e ti fai trasportare in volo come una farfalla, forte e aggraziata ma allo stesso tempo fragile, come sono le sue ali se trovano nella loro strada qualche ostacolo pungente.


Insomma, allora era un Monterrey grande in pieno fermento, ma ancora una città a misura d’uomo. Addirittura ora, nel 2014, si può dire che è una grande metropoli, immensa, la terza città del Messico per abitanti, più di 4 milioni.



In quegli anni viaggiare in autobus in Messico era quasi un incubo: c’erano pochi  bus ed erano molto scomodi; e trovare dei bagni puliti nelle stazioni di sosta era, a dir poco, miracoloso. Ora tutto è cambiato e ogni anno che viaggio là ho riscontrato che le cose siano molto migliorate: i bus sono di lusso, ci sono molte corse di giorno e di notte. La maggioranza delle persone viaggia in autobus perché, purtroppo, andare per le strade nelle proprie macchine è molto rischioso, vista la situazione di pericolo che si è venuta a creare per la guerra dei narcos.

Se ancora qualche anno fa era molto fastidioso viaggiare nei bus perché eri costretto ad ascoltare e vedere stupidi film commerciali, di solito americani, ora tutti i bus come le migliore linee aeree del mondo hanno i propri schermi individuali e cuffie personali in ogni sedile.

Così a fine luglio, insieme alla mia sorella Lauris, esperta di questi mezzi di trasporti e instancabile viaggiatrice, sono partita per la Sultana del Norte* per andare a trovare due miei cari nipoti e le loro rispettive famiglie. Il viaggio d’andata è partito molto puntuale, un’altra delle caratteristiche positive dei viaggi in autobus. Prima di partire siamo andate in bagno nella stazione di Mante, come ben sapete noi donne abbiamo sempre bisogno d’andare a far la pipì e così ne approfittiamo quando abbiamo la possibilità.


*ITESM, Instituto Tecnológico de Estudios Superiores de Monterrey
*Sultana del Norte, Monterrey viene chiamata così per la sua bellezza naturale di montagne al nord del Messico
       

Per arrivare al bagno bisognava salire in un labirinto, una volta trovato siamo entrate pagando alcuni pesos e così sicuramente lo avremmo trovato pulito (metodo da esportare in Italia!). Dopo, proprio lì, agli occhi di tutti sulla porta c’è il rotolo di carta igienica, si prende e poi si entra. Scopro d’essere pudica e mi guardo intorno vergognandomi un po’ mentre mia sorella tranquillamente prende un bel malloppo di carta nonostante debba fare solo la pipì, io quasi quasi conto i quadretti della carta, perché sono diventata troppo europea, cioè austera e conservatrice, terrorizzata dallo spreco, ma invece invidio la leggerezza che sprigiona il comportamento di mia sorella.

Finalmente partiamo e tutto scorre perfettamente, la gamma di film da scegliere è straordinaria, cinema di tutto il mondo e non solo le sciocche  commedie americane, ma, siccome voglio svagarmi e non preoccuparmi o essere triste, scelgo Jobs che tratta della vita di Steve Jobs il fondatore di Apple. L’autobus si deve fermare diversi volte perché ci sono i “retenes” (fermi di soldati) per la strada fra Mante e Victoria e poi fra Victoria e Monterrey. Ahimè, questo mi mette un po’ di nervoso ma vedo mia sorella tranquilla. Prima di partire, lei ha preso la sua bottiglina d’acqua benedetta, ha benedetto il bus e noi due, ha tirato fuori il rosario e si era raccomandata al Signore, così stanno le cose.

Dopo quasi 6 ore siamo arrivate a Monterrey; in quello che tempo addietro era l’ingresso della città e c’erano delle terme e negozietti , ora ci sono molte costruzioni e centri commerciali come HEB, Carrefour, Sam’s e Soriana. Ci sono anche quartieri residenziali, come quello dove abita il mio nipote e unico figlioccio Jesús. Siamo entrate al viale Garza Sada;  cerco con i miei occhi disperatamente la Libreria Tecnológico perché l’appartamento dove allora abitavo era al secondo piano della libreria, nel marciapiede di fronte c’era l’ingresso all’Università, e all’angolo opposto, c’erano un Seven eleven (piccolo supermercato) e il ristorante Los Cazadores, dove mangiavamo buonissima carne alle brace e tacos di formaggio fuso, solamente la prima settimana del mese, quando tutti avevamo ancora soldi.

Così, ricordando (rimpiangendo) tempi migliori, siamo arrivate al centro della città, in una rumorosa stazione dove ci aspettava mia nipote Mariana, figlia di mia sorella Lauris. Da lì in macchina abbiamo preso la strada che va verso il municipio di San Pedro Garza García, un altro mondo, primissimo mondo, dove lei abita.

La verità è che io sono andata a Monterrey per stare con Jesús e Mariana e le loro famiglie perché sono stati i nipoti con cui ho convissuto di più nella mia gioventù. Quando erano dei bebè mi sono presa cura di loro come se fossero i miei figli; è stato attraverso di loro che ho imparato  l’abc del mestiere di mamma. Durante il periodo del mio soggiorno non ho fatto niente di straordinario, solo accompagnare i miei cari nella loro quotidianità, per esempio andare a fare la spesa, alla lavanderia, chiacchierare comodamente sui divani, portare i loro figli alle loro attività. Mi sono trattenuta due giorni con Mariana e due con Jesús, da lui ho conosciuto per la prima volta la figlia Barbara, una bambina deliziosa, con la testolina piena di riccioli disordinati, bellissima ma soprattutto molto amorosa, perché senza conoscermi di persona solo per aver sentito dire che ero la sua zia mi ha buttato le braccia al collo, riempiendomi di baci. Devo confessarvi che in quel momento mi è venuta voglia di diventare nonna!

Con Barbara ho avuto molte conversazioni perché eravamo entrambe molto mattiniere e mentre io prendevo il mio caffè lei, ancora un po’ addormentata, si sedeva accanto a me e dolcemente mi raccontava storie della sua cagnolina “nena”, delle sue amichette del asilo e del cibo “buono e sano” che le preparava la sua mamma Gris. Gris è molto attenta all’alimentazione della famiglia e cucina sempre piatti con molta verdura, cereali, in definitiva niente cibo spazzatura.


E’ stato molto interessante vedere le differenze di stile di vita fra Italia e Messico, qua in Italia siamo più rigidi in tutto, soprattutto per gli orari per mangiare e per il rito della domenica. Per esempio, quel fine settimana da Jesús e Gris, ho visto che non c’era tensione per gli orari, loro lavorano duramente tutta la settimana come la maggioranza delle coppie oggigiorno, ma sono un pochino più fortunati perché ancora in Messico una percentuale alta di persone gode dell’aiuto in casa per le faccende domestiche, perciò il sabato e la domenica possono rilassarsi, mentre qua in Italia ci sono i giorni da dedicare alle pulizie della casa, della spesa al supermercato, e a questo bisogna sommare la tradizione o abitudine delle famiglie italiane di preparare suntuosi pranzi e mangiare sempre la domenica a casa possibilmente all’una in punto! E molto raro che si mangi fuori casa, perciò anche la domenica bisogna alzarsi presto per preparare “a puntino” il pranzo, alcune volte ci si avvantaggia il sabato sera con la preparazione del dolce o di qualche ragù o salsa che servirà per condire la pasta che cuoceremo rigorosamente pochi minuti prima di sederci a tavola.

La mia esperienza con i nipoti è stata altamente gradevole perché essendoci un atmosfera rilassante, con molta tranquillità; per esempio il sabato siamo usciti tutti insieme a far la spesa all’incirca a mezzogiorno. Gris aveva deciso di cucinare una paella (io la programmo una settimana prima quando la preparo!), di ritorno a casa “para hacer hambrita” (per aprire l’appetito nella attesa) ci ha preparato un dip di carciofi e Jesús ha aperto una bottiglia di vino rosso. Mentre lei lavava, tagliava, friggeva e cucinava la paella, noi godevamo del vino, del dip, della conversazione, la bimba giocava con i suoi peluche senza dare fastidio; alle quattro del pomeriggio è apparsa sulla tavola una fumante e profumata paella, deliziosa.

La domenica, verso le undici del mattino, Jesús, Barbara e io siamo usciti a comprare alcune cose che mancavano per la grigliata, che questa volta avrebbe fatto lui. Abbiamo comprato avocados, formaggio, tortillas e altre cose. Essendomi accorta  che nel super c’era un reparto di cd. dvd, ho chiesto consiglio a mio nipote sull’acquisto di qualche novità da portarmi in Italia, mi ha raccomandato il cd di “Los ángeles azules” gruppo di musicisti di cumbia messicana con la sinfonica, di tener presente la canzone “El listón de tu pelo”… allora non potevo immaginare che sarebbe stata la mia colonna sonora del resto dell’estate.


Uscendo dal supermercato noto un grandissimo “asador” (griglia) dove la gente che comprava carne al supermercato poteva farsi preparare la carne alla griglia come nei migliori asadores argentini! Per me è stata una vera novità vedere questa iniziativa, improponibile in Italia, non solo per la abitudine della gente di voler mangiare tutto all’istante, ma anche, sicuramente, per la quantità d’ostacoli  burocratici che sorgerebbero per motivi d’igiene, basti pensare che è severamente vietato cuocere la carne nei terrazzi dei condomini onde evitare il disturbo dato al vicino per l’eventuale fumo e odore di carne arrostita.

Quel pomeriggio, come un vero asador de las Pampas argentinas, Jesús arrostì perfettamente “la picanha”, taglio di carne bovina tipica di Brasile (codone di manzo). La caratteristica della picanha è uno strato di grasso che deve esserci e che durante la cottura si scioglie dando il gusto alla carne. Ha preparato anche una salsa di avocado piccante per accompagnare i tacos de formaggio fuso e ci offrì delle rinfrescanti “micheladas”, bevanda messicana di birra con succo di lime e peperoncino.

Abbiamo goduto di tutto questo insieme a mia sorella Lauris, a mia nipote Mariana e i suoi figli Patricio e Mauricio, con Jesús e Gris e i suoi figli Juan Carlos e Barbara. Allegramente abbiamo mangiato in modo delizioso e ci siamo divertiti molto ricordando vecchie storielle di famiglia.



Quella notte ho dormito a casa di Mariana e come se fossimo ancora delle ragazzacce, siamo finite sopra i letti in pigiami a chiacchierare fino a tarda notte; mi domando sempre se anche gli uomini facciano questo tipo di cose quando si ritrovano o è solo una caratteristica tipicamente femminile? Di nuovo, come al mio arrivo a Monterrey che cercavo l’angolo della libreria Tecnológico, ho pensato con melanconia alla mia gioventù andata.

La mattina dopo abbiamo preparato alcuni panini per mangiarli durante il viaggio di ritorno al Mante, la partenza era alle 11a.m. e ci aspettavano quasi  sei ore di viaggio. Mariana ci ha accompagnato ad un'altra piccola stazione dei bus vicino al Tecnológico, l’ho salutata contenta di essere stata con lei qualche giorno, ma allo stesso tempo con molta tristezza perché non so mai quando tornerò in Messico e se avrò il modo di rivedere i miei nipoti e le loro famiglie.

Come di costume quando si viaggia in Messico, l’autista dà il benvenuto a tutti i passeggeri prima di salire, ti danno le cuffie e una bottiglietta d’acqua o bevande zuccherate. Loro vestono sempre con delle uniformi impeccabili, con giacca e cravatta nonostante i 40° estivi, tanto all’interno della vettura sicuramente batteremo i denti dal freddo dell’aria condizionata. Nel momento in cui si è presentato l’autista sono rimasta senza respiro perché sembrava un personaggio uscito da un film di Quentin Tarantino, era giovane, alto e robusto, vestito tutto di nero, camicia bianca, un taglio di capelli alla moicano, in un orecchio portava in bella vista un cerchio d’argento, sul collo sopra la cravatta una grossa catena argentata e in quasi tutte le dita delle mani anelli stravaganti (persino un teschio) anche essi argentati. Confesso che ho avuto un po’ di paura, ma al momento di darci il benvenuto mi sono accorta che il giovanotto aveva una voce e maniere veramente dolce e carine, niente a che vedere con l’immagine che dava da sé (ah, i preconcetti sono duri a morire!)

Timidamente sono salita sul bus insieme a mia sorella e ci siamo sedute nei primi sedili, una volta tutti sistemati è salito anche un venditore ambulante, il Messico è il paese dei venditori ambulanti. Aveva con sé una grossa e pesante ghiacciaia  e un borsone pieno di patatine, merendine e cibarie varie. Il venditore si è sistemato accanto all’autista, fra la porta d’ingresso e i comandi dei cambi del bus, e si è messo a chiacchierare allegramente con lui. Io ho pensato che dopo qualche chilometro sarebbe sceso, ma mia sorella mi ha detto che sicuramente aveva il permesso dell’impresa di vendere sull’autobus.

Dopo più d’una ora e mezzo di strada si è messo a sistemare un espositore con tutta la sua merce, facendo veramente il giocoliere in quello spazio stretto, io sono rimasta sorpresa dalla sua maestria e rapidità nella preparazione del suo cassetto espositore, ma allo stesso tempo ero un po’ preoccupata perché credevo che nessuno gli avrebbe comprato niente giacché nel salire sul bus in Monterrey mi ero accorta che tutti avevano grandi scorte di cibo dietro; da quando eravamo partite sentivo tutto il tempo il fruscio di sacchetti di patatine e il gnam-gnam di gente che mangiava. Mia sorella mi ha rassicurato che l’uomo avrebbe venduto i suoi prodotti “perché la gente è ingorda”, io mi sono messa l’anima in pace e ho deciso che in caso di vendita fallitagli avrei comprato il prodotto meno spazzatura… di nuovo mia sorella aveva ragione, ha svuotato il cassetto! Da lì a un chilometro è sceso con il resto della sua roba, io sono riuscita a vederlo attraversare la strada e ad accingersi a riprendere un altro bus, quello di ritorno a Monterrey, è dura la vita!

Tutti a pancia piena si sono tranquillizzati e io stessa mi sono messa comoda e ho guardato un film messicano, Colosio, che tratta dall’assassinato nel 1994 del candidato del PRI (Partido Revolucionario Institucional) per la presidenza del Messico, la sua visione mi ha lasciato un sapore amaro in bocca.


Arrivando alla città di Victoria, il bus si è fermato per 10 minuti e di fretta mia sorella e io ne abbiamo approfittato per andare in bagno, il problema è che avevamo pochi spiccioli e poco tempo e i soldi ci bastavano solo per l’ingresso al bagno di una sola persona. L’ingresso ai bagni diciamo che aveva uno stile Hollywoodiano un po’ tamarro, c’era una porta girevole come nei grandi hotel ma con delle sbarre in ferro al posto del vetro, simili ai tornelli. Si entrava uno alla volta pagando alcuni pesos. Mancandoci gli spiccioli, mia sorella birichina, ha messo i soldi e mi ha spinto insieme a lei a entrare e così, strette strette, siamo riuscite a passare, lei ridendo divertita e io sempre girandomi intorno per vedere se qualcuno ci guardava… nessuno se ne è accorto, ogni uno fa cavoli suoi. Ah! Dimenticavo di dirvi che c’era anche una grande fontana vuota fra i bagni degli uomini e delle donne, probabilmente l’architetto che la aveva disegnato aveva immaginato qualcosa come a Las Vegas, una fontana con acque zampillanti luminose.

Uscendo da Victoria verso il Mante, l’autobus ha preso la vecchia strada dove c’e una vegetazione incredibilmente bella e allora la mia mente si è riempita di vecchi ricordi dei viaggi della mia infanzia con tutta la famiglia o a quelli da studentessa con gli amici Mantenses quando si tornava a casa per le vacanze. Durante questo percorso, complice l’orario e le pance piene, la maggioranza dei passeggeri si sono addormentati o guardavano placidamente un film.

Io ero lì ad ammirare la meraviglia della natura, il verde brillante degli alberi, la terra nera, e nonostante i finestrini chiusi mi sembrava di percepire l’odore inebriante del tropico. I miei sensi, addormentati dai cipressi malinconici e d’olivi argentati del paesaggio dolce e collinare toscano, all’improvviso come un fulmine a ciel sereno sono stati turbati dalla forza d’Eros e io, soccombendo a pensieri impuri e lasciandomi ingoiare dalla forza di questa prepotente vegetazione, tornai a i miei diciotto anni!

 Versión en español       
  

Tenía ya muchos años de no ir a Monterrey, creo que desde el 2005. En todo este tiempo por un motivo u otro, fuí posponiendo este viaje aunque si no me faltaban las ganas. En los años ’70, de preciso en 1974-1976, viví dos años extraordinarios en esa ciudad mientras estudiaba la preparatoria en el ITESM, fue un período excepcional para mí.

Vivir fuera de la casa de mis padres en un departamento junto con mis hermanas y amigas en plena libertad. En un ambiente de puros estudiantes, a una edad juvenil cuando sientes ser dueña del mundo, y estás abierta a éste sin miedos, y te dejas llevar en vuelo como una mariposa, fuerte y agraciada pero al mismo tiempo frágil, como son sus alas si encuentran en su camino algún obstáculo hiriente.

En fin, entonces era un Monterrey grande lleno de fermento, pero todavía una ciudad a escala humana. Nada menos ahora, en el 2014, se puede decir que es una grande metropoli, inmensa, la tercera ciudad de México por habitantes, más de 4 millones.

En aquellos años viajar en autobus en México era casi una pesadilla: había pocos  autobuses y muy incómodos; y encontrar baños limpios en las centrales era prácticamente un milagro. Ahora todo eso ha cambiado mucho y he constatado cada año que viajo para allá que los autobuses están de lujo, que hay muchas corridas a todas partes con bastos horarios. La mayoría de la gente viaja en autobus pues, desgraciadamente, andar por carretera en coche proprio es muy riesgoso, vista la situaciòn de peligro que se ha venido a crear por la guerra de los narcos.

Si todavía hace algunos años era fastidiosisimo viajar en bus porque todos obligados a escuchar y ver estúpidas películas taquilleras, casi siempre americanas, ahora todos los autobuses como en las mejores líneas aéreas mundiales traen sus propias pantallas individuales  y audifonos personales en cada asiento.

Así a finales de julio, junto a mi hermana Lauris, experta de estos medios de transporte y viajera incansable, partí a la Sultana del Norte para visitar a dos de mis queridos sobrinos y sus respectivas familias. El viaje de ída salió puntualisimo, otra de las características positivas de los viajes en bus. Antes de partir fuímos a los baños de la central del Mante, ustedes saben bien como somos nosotras las mujeres que siempre nos dan ganas de hacer pipí y por eso de las dudas andamos siempre yendo cuando hay la oportunidad.

Para llegar al baño hay que subir a un laberinto, una vez  localizado entramos pagando unos pesitos y así seguramente los encontraremos limpios (método para exportar en Italia!). Luego, ahí merito, en la entrada, donde es visible a todos  está el rollo de papel, lo agarras y después entras. Descubro que me he vuelto pudorosa y veo si alguien me está observando avergonzandome un poquito, mientras mi hermana tranquilamente agarra un bonche de papel aunque si sólo va hacer pipí, yo casi casi cuento los cuadritos del papel, porque me he vuelto muy europea, o sea austera y conservadora, aterrorizada del despilfarro, en cambio envidio la sensación de ligereza que emana el comportamiento de mi hermana.

Finalmente partimos y todo transcurre perfectamente, la gama de películas para escoger es realmente extraordinaria, cine de todo el mundo, no solo las tontas comedias americanas, pero, si como quiero distraerme y no estar triste o preocupada escojo Jobs que trata sobre la vida de Steve Jobs el fundador de Apple. El autobus se tiene que parar varias veces pues hay retenes de soldados en la carretera entre Mante y Victoria y después entre Victoria y Monterrey. Ay! esto me pone un poco nerviosa pero veo mi hermana bastante tranquila. Antes de partir, sacó su botellita de agua bendita, santiguó el bus y a nosotras dos, sacó su rosario y nos recomendó a nuestro Señor, así están las cosas.


 Después de casi 6 horas llegamos a Monterrey; y lo que un tiempo atrás era la entrada de la ciudad y había balnearios y tienditas, ahora hay muchas construcciones y grandes centros comerciales como HEB, Sam’s, Carrefour y Soriana. También hay muchas nuevas colonias residenciales, como en la que vive mi sobrino y único ahijado Jesús.. Entramos a la Avenida Garza Sada;  busco con mis ojos desesperadamente la libreria Tecnológico porque el departamento donde entonces vivía estaba arriba en el segundo piso. En la lejanía logro entrever esa esquina famosa donde pasé esos dos años magníficos, en la acera de frente estaba la entrada del Tec y en la otra esquina habían un Seven eleven (no existían los OXOS) y el restaurant Los Cazadores, donde soliamos comer deliciosas arracheras y  tacos de queso fundido, sólo en la primera semana del mes, en que todas todavía teníamos dinero. 

Así recordando (añorando) tiempos mejores, llegamos al centro de la ciudad a una ruidosa centralita de autobuses donde mi sobrina Mariana ya nos estaba esperando. De ahí en su coche tomamos una grande avenida que nos llevó rumbo al municipo de San Pedro Garza García, otro mundo, primerisimo mundo, donde ella vive.

La verdad es que yo fui a Monterrey más que nada para estar con Mariana y Jesús y sus familias pues fueron los sobrinos con los que más conviví en mi juventud. Cuando eran bebés los cuide como si fueran mis hijos; y fue através de ellos que aprendí los primeros oficios de mamá. Durante el período de mi estancia no hice nada de extraordinario, solo acompañarlos en la cotidianidad de sus vidas, por ejemplo platicar en los sillones comodamente, ir al super, a la tintorería, acompañar a sus niños a sus actividades. Me hospedé dos días con Mariana y dos con Jesús, de él conocí por primera vez a su hija Barbara, una deliciosa muñequita, con una cabecita llena de rizos desordenados, bellísima pero sobretodo amorosa, pues sin conocerme de persona sólo porque le habían dicho que ero su tía me echó los brazos al cuello, llenandome de besos. Debo confesarles que en ese momento me dieron ganas de ser abuela!
Con Barbara tuve muchas conversaciones pues ambas eramos muy madrugadoras  y  mientras yo tomaba mi café, ella, todavía un poco adormilada, se sentaba a mi lado y dulcemente  me platicaba de su perrita “Nena”, de sus amigitas de la escuela y de la comida “sana y saludable” que le preparaba siempre su mamá Gris. Gris está muy atenta a la alimentación de su familia y cocina siempre platillos con verduras, cereales, en definitiva nada de comida chatarra.




Fué increíble ver la diferencia de estile de vida entre Italia y México, acá en Italia somos mucho más rígidos en todo, sobretodo en los horarios de las comidas y del ritual del domingo. Por ejemplo, ese fin de semana que estube con Jesús y Gris, noté que no hay tanta presión o tensión por los horarios, ellos trabajan duramente toda la semana como la mayoría de las parejas en el mundo de hoy, sólo que tienen la ventaja que en México todavía una alta porcentual de personas  gozan del ayudo en las cuestiones domésticas, por lo tanto el sábado y el domingo pueden permitirse de relajarse, mientras acá en Italia son los días de dedicar al quehacer de la casa, día de compras al supermercado y, a eso tenemos que sumar la tradición o costumbre en las familias italianas de preparar suntuosas comidas los domingos y comer siempre a casa posiblemente a la una en punto! Raramente se come fuera el domingo, por lo tanto hay que levantarse temprano para preparar todos los platillos como se debe, muchas veces el mismo sábado en la noche nos aventajamos preparando el postre o el ragú o alguna salsa para condimentar la pasta que coceremos rigurosamente unos minutos antes de sentarnos a la mesa.

Mi experiencia con mis sobrinos fue altamente agradable pues habiendo una atmosfera relajante, con grande tranquilidad; por ejemplo el sábado salimos todos juntos al super a eso de las doce del día. Gris había decidido de preparar una paella (yo la programo una semana antes cuando tengo que prepararla!), de regreso a casa “para hacer hambrita” nos preparó un dip de alcachofas y Jesús abrió una botella de vino tinto. Mientras ella lavaba, picaba, freia y cocinaba la paella con grande maestría, nosotros disfrutabamos del vinito, del dip y de la conversación, la beba jugaba con sus peluches sin dar fastidio; a las cuatro de la tarde apareció sobre la mesa una humeante y perfumada paella, deliciosa.

El domingo, a eso de las 11 de la mañana, Jesús, Barbara y yo salimos a comprar varias cosas que faltaban para la carne asada, que esta vez cocinaría él. Compramos aguacates, queso, tortillas y otras cosillas. Dandome cuenta que había en el super un departamento de cd, dvd, le pedí un consejo a mi sobrino sobre la compra de alguna novedad de llevarme a Italia, me señaló el cd de “Los ángeles azules” grupo de músicos mexicanos de cumbia con sinfónica, de tener presente la canción El listón de tu pelo... entonces no podía imaginar que desde ese momento habría sido mi soundtrack del resto del verano.

Saliendo del supermercado noté que había un grande asador, donde la gente que compraba carne podía pedir que se la preparasen como en los mejores asadores argentinos!  Para mi fue una verdadera sorpresa ver esta práctica iniciativa, impensable que algo así pudiera ocurrir en Italia, no solo por la costumbre de la gente  de querer comer todo al momento, pero también, seguramente, por la cantidad de obstáculos burocráticos que surgirían por motivos de higiene, baste pensar que es severamente prohibido asar carne en las terrazas de los condominios para no molestar al vecino con el eventual humo y olor de carne asada!

Esa tarde, como un verdadero asador de las Pampas argentinas, Jesús asó perfectamente la picaña, (término brasileño) lo que un tiempo llamabamos punta de palomilla. Preparó también una gustosisima y picosa salsa de aguacate para los tacos de carnitas y nos ofreció unas frías micheladas que saboriamos todos juntos, Lauris, Mariana y sus hijos Patricio y Mauricio, Jesús y Gris con sus hijos Juan Carlos y Barbara y yo obviamente. Alegremente comimos delicioso y nos divertimos mucho recordando viejas anécdotas familiares.


Esa noche dormí en casa de Mariana y como si fueramos todavía  chavalas, acabamos cotorreando arriba de las camas en pijamas hasta tarde en la noche;  me pregunto siempre si los hombres hacen este tipo de cosas cuando se encuentran juntos o es una característica típicamente femenina?  De nuevo, como a mi llegada a Monterrey que buscavo la esquina de la librería Tecnológico, pensé con melancolía a mi juventud perdida.


En la mañana nos preparamos unos sandwiches para llevarnos en el camino de regreso al Mante, pues nuestra salida era a las 11 a.m. y nos esperaban unas sei horas de viaje. Mariana nos acompañó a otra centralita de autobuses cerca del Tecnológico, la saludé contenta por haber estado con ella algunos días, pero al mismo tiempo con mucha tristeza porque nunca se cuando regresaré a México y si tendré manera de voler a ver a mis sobrinos y sus familias.

Como de costumbre cuando se viaja en autobus en México, el chofer da la bienvenida a todos los pasajeros antes de partir, te ofrecen alguna bevida embotellada y te dan los auricolares. Ellos andan vestidos siempre con impecables uniformes, trajes con saco y corbata no obstante los 40° veraniegos, tanto al interno del autobus seguramente nos castañearan los dientes por el frío del aire acondicionado. Al momento en que se presentó el chofer me quedé sin respiro porque parecía un personaje de alguna película de Quentin Tarantino, era joven, alto y fornido, vestido con un traje y corbata negro, camisa blanquisima, pelo muy corto casi rasado con una pequeña cresta estile mohicano, en una de sus orejas traía bien visible un arete plateado, en el cuello sobre la corbata una gruesa cadena de plata y en casi todos los dedos de las manos anillos extravagantes (hasta una calavera) todos de plata. Confieso que me entró un poquito de miedo, pero el joven al darnos la bienvenida tenía una voz y una manera tan dulce que nada tenía que ver con su imagen (lo que son los preconceptos!)
Timidamente subí junto a mi hermana y nos acomodamos en los primeros asientos, una vez todos arriba subió un vendedor ambulante, México es el país de los vendedores ambulantes. Llevaba consigo una hielera grande bien pesada y un bolson lleno de papitas, galletas y sandwiches. El vendedor se acomodó a un lado del chofer, entre la puerta de entrada y las palancas del cambio del bus, y se dispuso alegramente a platicar con él. Yo pensé que de ahí a pocos kilómetros se bajaría, pero mi hermana me dice que seguramente tiene permiso de la empresa para vender sus productos en el autobus.

Después de una hora y media de camino se puso a arreglar un cajón expositor con toda su mercancia, haciéndo verdaderos malabares en ese espacio estrecho, yo me quedé muy sorprendida de tan alta maestría de equilibrio y de la rapidez en ordenar sus cosas pero al mismo tiempo un poco preocupada pues pensaba que nadie le compraría nada pues a la salida de Monterrey noté que todos llevaban  mucha comida;  y desde que partimos no dejé de escuchar todo el tiempo el crujir de las bolsitas de papas y el crunch-crunch de gente que comía. Mi hermana me asegura que sí va a vender sus productos  pues “la gente es muy tragona”, yo me dispongo de buen ánimo y decido que le compraré el producto menos chatarra en caso de venta fallida... de nuevo mi hermana tenía razón, vació su cajón! De ahí a un kilómetro se bajó con el resto de su mercancía,  y yo alcancé a verlo atravesar la carretera disponiéndose a tomar el próximo bus de regreso a Monterrey, cabrona la vida!

Todos con la panza llena se tranquilizan y yo misma me pongo cómoda y veo la película mexicana, Colosio, que trata del horrible asesinato en 1994 del candidato del PRI, para la presidencia de México, su visión me dejó un sabor amargo en la boca.
 
Llegando a ciudad  Victoria, el bus hace una parada de 10 minutos y de prisa mi hermana y yo aprovechamos para ir al baño, el problema es que traemos poco tiempo y muy poquita feria y el dinero nos alcanza para entrar una sola persona al baño. En la entrada a los baños  hay una puerta giratoria con barras de fierro (torno),  para hacerla girar hay que echar unos pesos y entrar una a la vez. Faltandonos monedas para las dos, la traviesa de mi hermana me empuja junto con ella y entramos así muy apretaditas, ella muerta de la risa y yo siempre volteandome a ver si alguien nos estaba viendo... nadie nos pelan, cada quien en su rollo. Ah! Olvidaba decirles de la existencia de una especie de fuente sin agua entre los baños de los hombres y el de las mujeres, probablemente el arquitecto que la diseñó había imaginado algo como en Las Vegas, fuentes saltarinas con luces.

Saliendo de Victoria rumbo al Mante, el autobus tomó la vieja carretera donde hay una vegetación increíblemente bella y entonces mi mente se llenó de viejos recuerdos de los viajes de mi infancia con toda la familia o aquellos de estudiante con los amigos Mantenses cuando regresabamos a casa de vacaciones. Durante este recorrido, cómplice el horario y las panzas llenas, la mayoría de los pasajeros dormían placidamente o veían alguna película.

Yo admiraba la maravilla de la naturaleza, el verde brillante de los árboles, la tierra negra, y no obstante las ventanillas cerradas me parecía de percibir el perfume embriagante del trópico. Mis sentidos, aletargados de cipreses melancólicos y  de olivos plateados del paisaje dulce y colinar de la toscana, al improviso como un rayo en un cielo sereno fueron turbados por la fuerza de Eros y yo, sucumbiendo a  pensamientos impuros y dejandome engullir con fuerza por esa prepotente vegetación, volví a mis dieciochos años!






domenica 19 ottobre 2014

Memín Pinguín



Hoy, leyendo el periódico La Jornada, me encontré con un artículo sobre la poblaciòn afromexicana, y una parte de este artìculo lo dedica a Memín Pinguín, y súbito me recordé de esa tarde poblana:

El verano pasado en julio a mi llegada a México, pasé unos días de vacaciones en Cuernavaca y Puebla, con mis hermanas Lauris y Natalia y mi hija Laura.
Una tarde en Puebla después de haber recorrido todo el bellisimo centro histórico, haber comido el mole poblano y los deliciosos chiles en nogada, nos sentamos a descansar en una banca en el Barrio del Artista.
Esta calle cerrada al trafico, es un pequeño oasis lleno de fasinación, donde se encuentran muchos talleres de pintores y escultores, algunos de ellos realmente extraordinarios. Mientras estabamos sentadas ahí, disfrutando del agradable clima poblano, y del ambiente bastante bohemio, se nos acercó un señor con un títere que representaba Memín Pinguín, nos ofreció ver bailar y cantar al negrito de los cuentos de Yolanda Vargas Dulché. El negrito cantaba puras canciones de Juan Gabriel, esto nos divirtió mucho y al mismo tiempo nos transportó con los recuerdos al pasado, cuando de niñas disfrutabamos mucho leyendo semanalmente las aventuras de Memín Pinguín y de su querida mamá Eufrosina, amadisima, no obstante que él recibiera siempre como castigo por sus travesuras, buenas nalgadas de “tabla con clavo”.


Aquí les adjunto parte del artículo de La Jornada, proprio un “copia y pega” y unas fotos del títere del negrito de Puebla, estas fotos son cortesía de mi hermana Natalia.


foto de Natalia



foto de Natalia


 Memín Pingüín. En un país racista la negritud es handicap y la “gente de color” tiene que hacer un esfuerzo adicional para ganarse el derecho de alinear con los demás, a pesar de… El negrito poeta se reivindica por llevado, socarrón y certero epigramista, mientras que los méritos legitimadores de Memín Pingüín son la ingenuidad, la empalagosa ternura y –por sobre todo- un enorme Edipo.
La cultura industrial-popular es por definición mimética y en el siglo XX sus modelos fueron los estadounidenses, de modo que es ahí y no en el humus patrio donde primero hay que buscar los orígenes de una historieta hecha en México.
Almas de niño, que así se llamó inicialmente la serie protagonizada por Memín, empieza a publicarse en 1944 en la revista Pepín, escrita por Yolanda Vargas Dulché y dibujada por Alberto Cabrera. Por esos años se editaba en Estados Unidos el cómic Our Gang, realizado por Walt Kelly, que a su vez rendía tributo a los cortometrajes humorísticos del mismo nombre que a partir de 1922 produjo Hal Roch con gags generados por Frank Capra. Uno de los siete personajes de la pandilla protagónica –que incluye un perro- es el negrito Farina, que por cierto era interpretado por una niña, y del que es indudable remedo fisonómico nuestro Memín.
Pero ahí terminan las semejanzas, porque el ánimo de Farina y sus compañeros de Our Gang es alborotador e iconoclasta como el del guionista Capra, mientras que Memín y sus amigos son modositos y bien portados. Actitud consecuente con el talante melodramático y sensiblero de la extensa obra historietil de Yolanda Vargas, y que conecta a Memo el pingo con Toño el negro, personaje de la melcochosa película Madre querida, realizada en 1935 por el inefable Juan Orol.
Todo corazón, Memín no es para nada un minusválido. Su representación gráfica, que en la primera época de la serie corre por cuenta de Alberto Cabrera y después de Sixto Valencia, prolonga el estereotipo de la negritud pero también le debe algo al look simpático y carácter aguerrido que el comiquero Will Eisner le dio a Ebony White, el pequeño ayudante del detective enmascarado de la serie The Spirit.
En cuanto al guión, la intensidad de los sentimientos materno-filiales atribuida a los negros nos llega posiblemente de Cuba por medio de los culebrones radiofónicos y folletinescos de Félix B. Caignet, y sobre todo de la exitosísima radionovela El derecho de nacer, que se difundió primero en la XEX interpretada por Dolores del Río, y más tarde por la XEW, con Eusebia Conde. Y es que el rebosante amor que une a Memo con su madre Eufrosina –“ma´linda”- no es dolido y lloroso, como otros, sino gozosamente edípico. “Es que así de fajosos son los negros…”, habrán pensado los lectores.
“En Memín Pingüín hay mucho de mí –decía Yolanda Vargas- La adoración que Memín tiene porEufrosina yo la tuve por mi madre”. Y aquí comenzamos a encontrar un elemento identitario. Porque para un pueblo siempre a la intemperie, como ha sido el mexicano, la familia y en su centro la madre es ancla que protege del vendaval. Tonantzin, Guadalupe, Eufrosina… el refugio último, el tibio abrazo que nos regresa al origen.
Nada peor para un mexicano que no tener madre… o que tener poca. Pero si algo tiene Memín es mucha madre. Y esto lo compensa de ser feo, prieto, torpe y pobre; lo compensa de ser una criatura desvalida como en el fondo somos todos.
¿Memín racista? No sean estúpidos. La cosa es exactamente al revés. Que el personaje de la historieta sea negro importa, claro, pero porque los símbolos que apelan a nuestras pulsiones más profundas tienen que ser morenos. Por eso la señora del Tepeyac tiene más rating que la descolorida Virgen de los Remedios. Por eso a casi 70 años de su primera aparición –no impresa en la tilma de Juan Diego sino en las páginas del Pepín- la de Memo y ma´linda es la única historieta mexicana que se sigue reeditando.

Para quien este interesado en leer el artículo entero:
http://www.jornada.unam.mx/2014/10/18/cam-poeta.html

Oggi, leggendo il giornale La Jornada, ho trovato un articolo sulla popolazione afromessicana, una parte di questo articolo parla di Memín Pinguín, noto personaggio di un fumetto messicano, subito mi è venuto in mente quel pomeriggio a Puebla:

L’estate scorsa, a luglio, al mio arrivo in Messico, sono stata alcuni giorni in vacanza in Cuernavaca e Puebla, insieme alle mie sorelle Lauris e Natalia e alla mia figlia Laura.
Un pomeriggio a Puebla dopo avere girovagato nel bellissimo centro storico, ed avere mangiato il mole poblano e deliziosi chiles en nogada, ci siamo sedute a riposare in una panca nel Barrio del Artista (quartiere degli artisti).
Questa stradina chiusa al traffico è un oasi pieno di fascino, ospita piccole botteghe di pittori e scultori, alcuni veramente eccezionali. Mentre eravamo lì, a godere del ottimo clima poblano e del ambiente boemo, si avvicinò un uomo con un burattino che ripresentava  Memín Pinguín, ci offrì di vedere ballare e cantare al negrito del fumetto di Yolanda Vargas Dulché. Questo burattino cantava solo canzoni di Juan Gabriel (cantautore messicano), ci ha fatto tanto divertire e soprattutto ci ha portato a ricordare la nostra infanzia, quando allora ogni settimana leggevamo il fumetto con l’avventure di Memín Pinguín e della sua amatissima mamma Eufrosina, tanto amata non ostante che lo punissi sempre per le sue marachelle con sculacciate di “tabla con clavo” (asse con chiodo).
Qui vi allego parte dell’articolo de La Jornada, proprio un “coppia e incolla” ( mi scuso con i lettori italiani per la no traduzione del testo), ed alcune foto del burattino nero di Puebla, queste foto sono cortesia della mia sorella Natalia.  




sabato 18 ottobre 2014

Riso coi borlotti al vino rosso - Arroz con frijoles bayos y vino tinto



Ingredienti per 4 persone

300g di riso
1 l di brodo
una tazza di borlotti
50g di pancetta
una scatola di pelati
1 bicchiere di vino rosso
una noce di burro
una cipolla
sale & pepe



Preparazione

Vi presento qui di seguito un ottimo primo piatto che data la ricchezza degli ingredienti come i fagioli, potrà essere servito come piatto unico. Per prima cosa fate lessare i fagioli borlotti  (potete usare anche quegli in scatola). Tritate la cipolla e la pancetta finemente quindi in una casseruola fate sciogliere il burro e, quando sarà spumeggiante ponetevi il trito e fatelo rosolare in modo uniforme. Dopo pochi minuti, versatevi il riso, fatelo tostare per pochi minuti, poi bagnate con il vino rosso e, quando sarà evaporato, aggiungete i pelati e, man mano, il brodo caldo. Quando il riso sarà a metà cottura, unite anche i fagioli borlotti. Proseguite la cottura per un quarto d’ora, poi cospargete con una presa di sale e una macinata di pepe, mescolate e portate in tavola. Se volete potete aggiungere un po’ di parmigiano, ma è opzionale. Accompagnare ad un buon bicchiere di vino rosso servito assolutamente a temperatura ambiente.


Versión en español

Ingredientes para 4 personas

300 g de arroz
1 litro de caldo
1 taza de frijoles bayos
50 g de tocino
una lata de tomates
1 vaso con vino tinto
1 cucharada de mantequilla
1cebolla
sal & pimienta

Preparación

Aquí les presento un óptimo primer plato que dada la riqueza de sus ingredientes como son los frijoles, puede ser servido como plato único. Primero cocer los frijoles bayos (pueden usar los de lata). Picar finito la cebolla y el tocino, en una caserola derretir la mantequilla y cuando empieze a echar espuma poner el picado y dorar en modo uniforme. Después de pocos minutos, bañar con el vino tinto y, dejar evaporar, agregar los tomates de lata y, un poco a la vez el caldo bien caliente. Cuando el arroz estará a mitad de la cocción, unir los frijoles. Proseguir la cocción, salar y moler abundante pimienta negra, mezclar y llevar a la mesa. El uso del queso parmesano es opcional. Acompañar con una buen vino tinto absolutamente servido a temperatura ambiente.  



sabato 11 ottobre 2014

Gerardo

spiaggia di Tampico


Trovo nel tuo viso d’uomo maturo
l’infanzia condivisa in un giardino dell' Eden,
estati calde fra l’onde del mare,
la dolce accoglienza di Buty col crème caramel
le bonarie regole dei nostri genitori.

Trovo nei tuoi occhi d’uomo maturo
sensazioni contraddittorie,
la curiosità per il mondo e il disincanto
la serietà per la vita e il tuo ghigno burlone

Trovo nel tuo sorriso allegro d’uomo maturo,
le lentiggini di Tom Sawyer
e lo stesso spirito d’avventura
che facevano di te un eroe agli occhi di una bambina.


mare a Cuba

L’avventure di Tom Sawyer

E un romanzo dello scrittore americano Mark Twain, pubblicato nel 1876. Racconta l’avventure di un ragazzo Tom Sawyer che vive in una cittadina tranquilla sulle rive del grande fiume Mississippi al sud degli Stati Uniti. Tom è un monello leale e crede nel valore della amicizia. Il romanzo racconta le sue avventure insieme ad altri ragazzi.


Natilla o Crema de maizena

Ingredienti

1l di latte
1 uovo
4 cucchiai di maizena
1 tazza di zucchero
vaniglia

Preparazione

Si mette sul fuoco un po’ più di ¾ l di latte con lo zucchero. A parte nel latte rimasto si scioglie l’uovo e la maizena, quando inizia a bollire si passa al colino il latte con l’uovo, la maizena e la vaniglia, si abbassa il fuoco e si continua a mescolare finché si addensa facendo attenzione a non formare grumi. Si mette in una ciotola o negli stampini individuali. Si spolvera con cannella macinata e si lascia raffreddare.
  

Versión en español



Encuentro en tu rostro de hombre maduro
la infancia compartida en un jardín del Edén,
veranos calientes entre las olas del mar,
la dulce acogida de Buty con sus natillas,
las afables reglas de nuestros padres.

Encuentro en tus ojos de hombre maduro,
sensaciones contradictorias,
la curiosidad por el mundo y el desencanto
la seriedad por la vida y tu mueca burlona.

Encuentro en tu risa alegre de hombre maduro,
las pecas de Tom Sawyer  
y el mismo espíritu de aventura
que te hacían un héroe ante los ojos de una niña.


mare a Cuba con i pescicani,
entre tiburones Cuba

Las aventuras de Tom Sawyer


Es una novela del autor estadunidense Mark Twain publicada en 1876, actualmente considerada una obra maestra de la literatura. Relata las aventuras de la infancia de Tom Sawyer, un niño que crece en un apacible pueblecito a orillas del río Misisipi. Lleva una vida más o menos tranquila, aunque si se ve envuelto en numerosas travesuras.



Natilla o Crema de maizena

Ingredientes

1 lt de leche
1 huevo
4 cucharadas rasas de maizena
1 taza de azúcar
vainilla

Preparación

Se pone en la lumbre un poco más de ¾ lt de leche con el azúcar. Aparte, en la leche que quedó se disuelve el huevo y la maizena, y cuando empieza a hervir se le cuela la leche con el huevo, la maizena y la vainilla, se baja la lumbre y se sigue meneando hasta que se espese, se vacía en un molde o varios moldecitos flaneros, se le pone canela molida encima, se dejan enfriar.