sabato 8 ottobre 2016

Monterrey - le origini Monterrey - los orìgines




È da diversi anni che, quando vado in Messico, faccio una scappata a Monterrey, capoluogo dello stato di Nuevo León. Una città industrializzata, situata nel nord-est del Messico, popolata di gente lavoratrice e caparbia. Si potrebbe dire una Milano messicana.
Sono molto legata a questa città, non solo per avere vissuto lì durante gli anni del liceo, ma anche per gli origini della mia famiglia materna. Più avanti avrò modo di raccontarvi alcuni aneddoti interessanti.

Questo viaggio mi provoca sempre la solita sensazione d'ebrezza delle gite scolastiche quando si è ragazzi. Abitualmente viaggio in compagnia di mia sorella Lauris. Il giorno della partenza arriviamo sempre in anticipo alla stazione degli autobus, appunto con l'animo di scolarette. Mia sorella come un'ape regina attira i facchini, viaggia molto e la conoscono. Fra di loro si arrabattano per portarle le valigie che sono sempre numerose. Sanno che lei è molto generosa con le mance, io un po' meno...sono diventata italiana.

Partiamo in perfetto orario e così iniziamo il nostro viaggio che durerà all'incirca sei ore. Ore che passano senza avvertirle. Viaggiare con mia sorella è facile: lei con il suo carattere prorompente e io con il mio più mite, troviamo sempre un punto d'equilibrio. Ogni una sceglie il modo migliore di trascorrere queste ore. Se abbiamo voglia di chiacchierare, parliamo, altrimenti guardiamo qualche film nella ben fornita cineteca che propone la linea di autobus Transpais . E per farci sentire proprio dentro un cinema stile multisala, l'autobus si ferma a metà cammino. Dal nulla spunta un venditore di leccornie. Il venditore regolarmente autorizzato indossa l'uniforme dell'impresa e percorre barcollante il corridoio offrendo la sua merce mentre il viaggio continua.


Ad un tratto ci avvolge un profumo... di popcorn, penserete voi! Vi sbagliate: l'ambiente s'impregna del delizioso aroma delle noci. In un attimo la sensibilità olfattiva di mia sorella lo riconosce ed esclama: “Galletas emperador de nuez, ne sono stata assuefatta per mesi!” Appena mi è possibile durante il mio soggiorno in Messico, li acquisto e li assaggio. Delle noci non c'è traccia, è solo aroma, colorante... tutta chimica, ci credo che mia sorella sia diventata dipendente al “emperador”.


Durante il primo tratto di solito mi piace osservare il paesaggio rigoglioso. La mente si riempe di ricordi d'infanzia: i viaggi in macchina col babbo al volante, la mamma accanto e noi cinque figlie che facevamo confusione dentro la grande Cadillac azzurra: la nostra amatissima Batimovil!

Abitualmente sono ospite di qualche nipote. A Monterrey abitano tre dei miei nipoti a cui sono più legata per questioni d'età: Mariana, Jesús e Ale. Sono nati quando io ero ancora una ragazza, e con loro ho imparato le prime nozioni del mestiere di mamma. Negli anni si son sempre prodigati con me e ne sono molto grata.



Questo anno sono arrivata a casa di Ale e suo marito Gerardo, giovane coppia che ha il dono della gentilezza. Ti riempono di attenzione ma allo stesso tempo non ti opprimono e ti lasciano in completa libertà. Gerardo mi mette a disposizione il suo laptop e me lo cede per tutto il tempo che resto da loro. Ale riempe il frigorifero di tutte le cose che mi piacciono e tieni in freezer pietanze cucinate da lei pronte per qualsiasi eventualità. Somiglia tanto al suo babbo, mio defunto cognato Goyo. Se ha ereditato qualcosa da lui per quanto riguarda il mangiare è l'essere così “vasta”; quando la guardo camminare riconosco lo stesso andamento silenzioso di Goyo, il padre. Camminano come non toccassero il suolo... È commovente.



Anche questa volta non è mancata la preparazione della “carne asada” (grigliata), tipica di queste terre. Memorabili quelle fatte da Jesús e Gris in anni precedenti. Quest'anno è toccato a Carlos e Mariana, che non sono stati di meno, bravissimi! Siamo stati tutti insieme in un'allegra tavolata, il tutto innaffiato con dell'ottimo vino e birra fresca. Non sono mancate storielle esilaranti di quando i nipoti erano bambini. Risate a più non posso. La più piccola del gruppo, Barbara, ci ha deliziato dipingendo retratti di tutti quanti, cogliendo sempre il giusto dettaglio che ci rappresentava. Molto perspicace a solo sei anni!






Nei giorni trascorsi a Monterrey è venuta a trovarci Luly, la figlia maggiore della zia Lulú. Con lei abbiamo girato i posti della nostra infanzia e gioventù. È stato come rivivere un film già visto però con sensazioni diverse. Prima di proseguire devo fare un passo indietro e raccontarvi l'origini della mia famiglia materna.

Mia nonna Natalia (Buty) nacque a General Terán, provincia di Nuevo León a circa 100 km da Monterrey. La sua fu una famiglia numerosa, otto fra fratelli e sorelle, tanti altri bambini morti appena nati o durante le gravidanze di mamma Concha. Ne erano nati altri fuori dal matrimonio, incredibilmente assomiglianti a papà Arturo, un vero Don Giovanni di quel tempo.

La mia nonna fu una donna molto moderna per l'epoca; lasciò Gral. Terán molto giovane. Appena sedicenne, dopo aver ottenuto la licenza media, partì per Tampico col diploma d'insegnante. Allora bastavano pochi anni di studio per avere l'abilitazione a insegnare. A Tampico rivide Manuel, un ragazzo di Gral. Terán proprietario di un fornito negozio di ferramenta: El Sello Rojo.



Poco tempo dopo si sposarono. Le nozze religiose vennero celebrate in sordina un trentun Dicembre a mezzanotte. Erano i tempi dei cristeros e le manifestazioni religiose dovevano essere molto limitate e discrete. L'allora presidente del Messico Plutarco Elías Calles conosceva gli sposi (i miei nonni). Aveva perseguito una politica feroce contro la chiesa e aveva persino emanato un decreto noto come Legge Calles con il quale la chiesa veniva privata di tutti i suoi diritti. Egli aveva una grossa proprietà terriera a Gral. Terán: Soledad de la Mota.



Natalia e Manuel ebbero da parte del presidente come regalo di nozze una bellissima statua alta una cinquantina di centimetri, pare d'origine tedesca. La statua, di semplice gesso ma tinta in modo da farla sembrare bronzo, mostra due bambini: una femminuccia che porta in braccio un fascio di fiori e bacche e un maschietto, più piccolo, in punta di piedi, con un ditino in bocca, deliziosi! In seguito fui io a chiedere quel dono alla mia nonna quando mi sposai. Ora riluce meraviglioso nell'ingresso di casa mia, inconsapevole di tutta la storia che si porta addosso.




Mia madre passava tutta l'estate da mamma Concha (sua nonna). Due delle sue zie, Lulú e Alicia, sorelle minori di mia nonna Natalia, erano sue coetanee e passavano insieme le vacanze come fossero cugine o sorelle, divertendosi da matte. Loro si trasferirono a Monterrey una volta sposate. Anche noi quando eravamo bambine e spesso andavamo a Monterrey con la mamma.

Erano vacanze molto divertente solitamente, nonostante fossimo tutte famiglie numerose: trovavamo il modo di stare tutti insieme a casa della zia Lulú che era estremamente generosa. Qualche volta, proprio per mancanza di spazio, qualcuna era costretto a dormire dalla zia Alicia, cosa che non ci piaceva perché la sua famiglia era molto seria e in più avevano dei gatti siamesi che ci facevano paura. Di notte spuntavano dagli armadi con quei occhi azzurri che brillavano nell'oscurità e ci facevano passare notti in bianco atterrite.

Io ero molto fortunata, di solito mi salvavo dall'andare lì perché Luly, la mia cugina più grande, si prendeva cura di me lasciandomi un posticino nel suo letto. Quando l'ho rivista è stato molto emozionante. Luly è stata sempre una donna forte, esuberante, divertente, confusionaria e molto generosa proprio come la sua mamma, la zia Lulú.

Luly è arrivata a bordo di un vecchio pickup di colore rosso alquanto sporco: vive in campagna e non fa caso a questi particolari. Indossava gli shorts, pantaloncini corti molto usati in questa americanizzata città del nord. Sono rimasta molto sorpresa di constatare che dappertutto, in qualsiasi posto e qualsiasi orario le donne indossano gli shorts, incuranti delle regole dell'etichetta. Persino il pomeriggio in cui abbiamo accompagnato mia sorella ad una visita ortopedica in un elegante studio di medici, ho notato che la stragrande maggioranza li indossava. Si pavoneggiavano con la massima naturalezza, nonostante il freddo dell'aria condizionata e - sopratutto - le dimensioni dei suoi sederi. Tutte giovani ma molto grasse. Peccato!

Girare in città con Luly e Lauris era comico. Luly nonostante abbia vissuto tanti anni in città, ha perso familiarità con il traffico intenso e ogni cinque minuti ci perdevamo, causando ardue discussioni con mia sorella. Ma lei non si perdeva d'animo e gira e rigira arrivavamo a destinazione sanas y salvas!

Fuori città si è dimostrata un'eccellente pilota. Una mattina presto siamo partite verso i luoghi della nostra infanzia. Loro due indossando i loro shorts mentre io più condizionata da uno stile di vita conservatore, vestivo alla caprese.



Abbiamo preso la strada nazionale verso Villa de Santiago, una quarantina di chilometri da Monterrey, per visitare un posto chiamato “La cola de caballo” : una piccola cascata che sembra infatti una coda di cavallo. Vorrei ricordarvi che Monterrey è contornata de bellissime montagne.




Vedere Luly guidare il suo pickup è uno spettacolo. Potrebbe essere un personaggio di un film americano. È una donna forte e robusta, che fa la professoressa di ginnastica. Usa un linguaggio decisamente colorito ma in bocca sua suona divertente e per niente volgare. Mentre guida tiene accanto a sé una piccola borsa-frigo piena di coca-cola ghiacciata e ne beve tutto il tempo. Fuma continuamente sigarette fatte con lattuga. È proprio l'esempio di una sportiva! I suoi alunni la adorano, così come i suoi nipotini che educa alla vecchia maniera, in modo quasi militare. Il più piccolo la chiama “mi vida”

Durante il viaggio ci siamo fermati in diversi posti perché, come zia Lulú, anche lei è una spendacciona e compra di tutto. Ha fatto scorta di prodotti locali e ha riempito un'altra ghiacciaia con carne essiccata, dulces de leche, uova dal doppio tuorlo per i nipoti, formaggi, torta de elote (mais), avocados, etc.


Nel nostro andare in giro ho ritrovato facce di uomini “norteños”, proprio come li avevo impressi nella memoria. E che dire dei vestiti di questi güeros? Bellissimi!



Dopo la coda di cavallo siamo andati a mangiare a un famoso ristorante “El Pariente”, ancora più lontano, quasi vicino a Gral. Terán, la terra della nonna Buty.
Il ristorante è molto famoso: si racconta che il padre del proprietario, per punire il figlio che aveva poca voglia di studiare, gli avesse dato un barroccino per vendere tacos. Col tempo divenne così bravo a cucinare che ora è proprietario di una catena di ristoranti con cucina messicana eccellente. Il posto non è elegante, l'ambiente è quello di un capannone ma è molto pulito e i prezzi sono abbordabili. Il personale che lavora lì è tipicamente delle terre di Nuevo León: efficiente, ordinato e veloce. Molto bravi!



Così girovagando insieme a Luly e Lauris ho trascorso delle belle giornate nella terra d'origine della mia nonna. Visitando quei luoghi ho spolverato ricordi e ho goduto dei sapori custoditi nelle mie papille gustative infantili.

Amarcord!

Versiòn en español



Desde hace varios años, cuando viajo a México voy unos días a Monterrey, capital del estado de Nuevo León. Es una ciudad industrializada en el noreste de México, habitada por gente trabajadora y luchadora. Una Milán mexicana, se podría decir.
Yo estoy muy ligada a esta ciudad, no solo por haber vivido ahí durante los años de la escuela preparatoria, sino también por los orígenes de mi familia materna. Más adelante tendré modo de relatarles algunas anécdotas interesantes.

Este viaje me provoca siempre la misma sensación de embriaguez que las excursiones escolares de la juventud. Habitualmente viajo en compañía de mi hermana Lauris. El día de la salida llegamos siempre con anticipación a la central de autobuses con un ánimo de colegialas. Mi hermana, como una abeja reina, atrae a los maleteros, ya que viaja mucho y ya la conocen. Entre ellos se afanan para cargarle las maletas, que son siempre numerosas; saben que es muy generosa con las propinas. Yo, un poquito menos... me he vuelto italiana.

Partimos en horario perfecto y así iniciamos nuestro viaje que durará más o menos seis horas. Horas que pasan sin advertirlas. Viajar con mi hermana es fácil: ella con su carácter vehemente y yo con el mío más apacible encontramos siempre un punto de equilibrio. Cada quien escoge la mejor manera de transcurrir estas horas. Si tenemos ganas de platicar, platicamos. De lo contrario, vemos alguna película de la excelente colección que propone la línea de autobuses de Transpaís. Para hacernos sentir realmente dentro de un cine estilo multisalas, el autobús se para a mitad del camino. De la nada aparece un vendedor de golosinas. El vendedor, regularmente autorizado, viste el uniforme de la empresa y recorre tambaleándose el pasillo ofreciendo su mercancía mientras el viaje continúa.
De repente nos envuelve un perfume… ¡de palomitas, pensarán ustedes! Se equivocan: el ambiente se impregna del delicioso olor a nuez. En un segundo la sensibilidad olfativa de mi hermana detecta el intruso y exclama:
—¡Galletas Emperador de nuez! ¡He sido adicta por meses!
Apenas me es posible durante mi estancia en México, las compro y las pruebo. No hay trazas de nuez, es puro aroma y colorante. ¡Pura química! Por eso le creo a mi hermana que se haya hecho adicta a estas galletas artificiales.






Durante el primer tramo del viaje me gusta observar el paisaje exuberante. La mente se llena de recuerdos de la infancia: los viajes en el coche con papá al volante, mamá a su lado y nosotras, cinco hijas que causábamos confusión dentro del gran Cadillac azul: ¡nuestra querido Batimóvil!

Normalmente soy huésped de algún sobrino. En Monterrey viven tres de mis sobrinos, a los cuales estoy más apegada por cuestiones de edad. Mariana, Jesús y Ale nacieron cuando yo todavía era una jovencita y con ellos aprendí las primeras nociones del oficio de mamá. Ellos, durante los años, siempre han sido pródigos conmigo y yo estoy muy agradecida.



Este año llegué a casa de Ale y su esposo Gerardo, una joven pareja que tiene el don de la gentileza. Te llenan de atenciones, pero al mismo tiempo no te abruman y te dejan en completa libertad. Gerardo me pone a disposición su laptop por todo el tiempo que me quedo con ellos. Ale llena el refrigerador de todas las cosas que me gustan y, por cualquier eventualidad, deja listos en el congelador manjares cocinados por ella. Se asemeja tanto a su papá, mi difunto cuñado Goyo. Si algo ha heredado de él, por lo que se refiere a la comida, es el ser tan “vasta”. Cuando la veo caminar, reconozco la misma andadura silenciosa de Goyo, el padre. Caminan como si no tocaran el suelo. Es conmovedor.


Tampoco esta vez faltó la preparación de la carne asada, típica de estas tierras. Son memorables aquellas hechas por Jesús y Gris en años precedentes. Este año tocó a Mariana y Carlos, que no fueron de menos ¡Bravísimos! Estuvimos todos juntos en una alegre mesa, todo acompañado de un vino óptimo y cerveza fría. No faltaron los relatos de historias divertidas de cuando mis sobrinos eran niños. Carcajadas a más no poder. La más pequeña del grupo, Bárbara, nos deleitó dibujando retratos de todos, captando siempre el justo detalle que nos representaba. ¡Muy perspicaz con solo seis años!






En los días transcurridos en Monterrey vino a visitarnos Luly, la hija mayor de la tía Lulú. Con ella visitamos algunos lugares de nuestra infancia y juventud. Fue como revivir una película ya vista, pero con sensaciones diferentes. Pero antes de seguir adelante debo hacer un paso para atrás y narrarles los orígenes de mi familia materna.
Mi abuela Natalia (Buty) nació en General Terán, municipio de Nuevo León, a unos 100 kilómetros de Monterrey. La suya fue una familia numerosa: fueron ocho, entre hermanos y hermanas, además de otros niños que murieron recién nacidos o durante la gestación de mamá Concha. Nacieron también otros fuera del matrimonio, increíblemente parecidos a papá Arturo, un verdadero Don Juan de aquel tiempo.
Mi abuela fue una mujer muy moderna para esa época; dejó Gral. Terán muy joven. Apenas de dieciséis años, después de haber obtenido el diploma de secundaria, partió a Tampico a trabajar como maestra. Entonces bastaban pocos años para obtener el título de enseñante. En Tampico reencuentra a Manuel, un joven de Gral. Terán, propietario de un surtido negocio de ferretería: El Sello Rojo.
Al poco tiempo se casan. Las nupcias religiosas fueron celebradas disimuladamente un treintaiuno de diciembre a media noche. Eran tiempos de los cristeros, así que las manifestaciones religiosas eran muy limitadas y discretas. El entonces presidente de México, Plutarco Elías Calles, seguía una política feroz contra la Iglesia y había emitido una legislación conocida como Ley Calles, con la cual pretendía domar de tajo a la Iglesia católica. Pero Calles, ese enemigo jurado del catolicismo mexicano, conocía a los esposos (mis abuelos) y tenía una gran finca en Gral. Terán: Soledad de la Mota.



Natalia y Manuel recibieron de parte del presidente, como regalo de bodas, una bellísima estatua de unos cincuenta centímetros de altura, al parecer de origen alemán. La estatua, de simple yeso pero con una tinta como de bronce, muestra dos niños: la niña tiene en sus brazos un ramo de flores y bayas mientras que el niño, más pequeño, se mantiene en puntas de pies y con un dedito en la boca. ¡Deliciosos! Años después, fui a pedirle ese regalo a mi abuela cuando me casé. Ahora reluce maravilloso en la entrada de mi casa, desconocedor de toda la historia que lleva consigo.



Mi mamá pasaba todo el verano con mamá Concha (su abuela). Dos de sus tías, Lulú y Alicia, hermanas menores de mi abuela Natalia, eran sus coetáneas y pasaban juntas las vacaciones como si fueran primas o hermanas. Ellas se trasladaron a Monterrey una vez casadas. También nosotras, cuando niñas, íbamos seguido a Monterrey con nuestra mamá.
Eran vacaciones divertidas, no obstante que fuéramos todas familias numerosas. Encontrábamos el modo de estar todos juntos en casa de la tía Lulú, que era muy generosa. A veces, por falta de espacio, alguno se veía obligado a ir a dormir a casa de la tía Alicia, una cosa que no nos gustaba porque su familia era muy seria y, además, tenía unos gatos siameses que nos daban miedo. En la noche salían del alto de los armarios, con esos ojos azules que brillaban en la obscuridad, y nos hacían pasar noches en blanco, aterrorizadas.
Yo era muy afortunada, casi siempre me salvaba de ir ahí porque Luly, mi prima más grande, me dejaba siempre un lugarcito en su cama. Ahora que la volví a ver fue muy emocionante. Luly ha sido siempre una mujer fuerte, exuberante, divertida, confusa y muy generosa como su mamá, la tía Lulú.
Luly llegó en una vieja camioneta pickup de color rojo algo sucia. Ella vive en la campiña y no da importancia a esas nimiedades. Llevaba puestos los shorts, esos pantalones cortos muy usados en esta americanizada ciudad del norte. Quedé muy sorprendida de constatar que en todos lados, en cualquier lugar y en cualquier horario, las mujeres usan shorts, aun sin tener en cuenta reglas de etiqueta. Incluso, una tarde en que acompañamos a mi hermana a una visita ortopédica en un elegante consultorio médico, noté que la sobrada mayoría vestía con shorts. Se pavoneaban con la mayor naturalidad, no obstante el frío del aire acondicionado y —sobretodo— las dimensiones de los traseros.
Andar en la ciudad con Luly y Lauris era cómico. Luly, no obstante que ha vivido tantos años en ciudad, ha perdido familiaridad con el intenso tráfico y cada cinco minutos nos perdíamos, causando arduas discusiones con mi hermana. Pero ella no perdía él ánimo y, después de vueltas y más vueltas, nos hacía llegar sanas y salvas a nuestro destino.
Fuera de la ciudad, se reivindicó como una excelente piloto. Una mañana temprano salimos rumbo a los lugares de nuestra infancia. Ellas dos vestían shorts mientras yo, más acostumbrada a un estilo conservador, vestía capris. Tomamos la carretera nacional rumbo a Villa de Santiago, a unos cuarenta kilómetros de Monterrey, para visitar la Cola de Caballo: una cascada que parece justo una cola de caballo. Les recuerdo que Monterrey está circundada de montañas bellísimas.



Ver a Luly manejar su pickup es un espectáculo. Podría ser un personaje de alguna película americana. Es una mujer fuerte y robusta, y es maestra de Educación Física. Usa un lenguaje muy colorido, pero en su boca se oye divertido y para nada vulgar. Mientras maneja, tiene a su lado una hielerita llena de Coca-Cola bien fría, que bebe todo el tiempo. Además, fuma continuamente cigarros hechos con lechuga. En suma, no es un prototipo de deportista, pero da igual. Sus alumnos la adoran tanto como sus nietos, a los que educa a la manera de otro tiempo, en modo casi militar. El más pequeño la llama “Mi vida”.
Durante el viaje paramos en varios lugares porque, como la tía Lulú, también ella es muy gastadora y compra de todo. Compramos muchos productos locales y llenó otra hielera grande que traía atrás en la camioneta con: carne seca, las famosas Glorias, huevos de doble yema para los nietos, torta de elote, quesos o aguacates. 

En nuestro andar encontramos rostros de hombres norteños, así como los tenía impresos en mi memoria. ¿Y qué decir de las vestimentas de estos güeros? Bellísimas.




Después de la Cola de Caballo fuimos al famoso restaurante “El Pariente”, todavía más lejos —muy cerca de Gral.Terán, la tierra de mi abuela Buty. El restaurante es muy famoso, en parte por una anécdota. Se cuenta que el padre del propietario, para castigar al hijo que tenía pocas ganas de estudiar, le puso un carretón para vender tacos. Con el tiempo, el hijo se volvió un excelente cocinero y ahora es dueño de una cadena de restaurantes de comida mexicana excelente. El lugar no es elegante, el ambiente es el de una especie de hangar, pero muy limpio y los precios son accesibles. El personal que trabaja ahí es típico de las tierras de Nuevo León: eficiente, ordenado y rápido. ¡Molto bravi!



Así, paseando junto a Luly y Lauris, transcurrí bellas jornadas en la tierra de mi abuela. Visitando aquellos lugares sacudí recuerdos y gocé de sabores guardados en las papillas gustativas de mi infancia.



¡AMARCORD!*

*voz dialectal en emiliano-romañolo que quiere decir: Yo me recuerdo













martedì 13 settembre 2016

Estate 2016 - Verano 2016


A fine giugno, con l'arrivo delle prime giornate calde, il mio corpo e la mia mente iniziano a prepararsi al clima torrido che mi aspetta durante il soggiorno estivo nella mia terra natale: il Messico.


Il viaggio inizia sempre dall'aeroporto di Peretola a Firenze. L'unica novità di questo anno è la linea aerea con cui viaggio. Dopo più di trent'anni Alitalia torna a volare in Messico e io molto patriottica decido di partire con l'aereo tricolore. Parto presto da Firenze per Roma Fiumicino con qualche dubbio sull'efficienza della compagnia di bandiera e sulla comodità del tanto discusso aeroporto capitolino. Ma devo dire che il mio breve passaggio lì è stata una gradevolissima sorpresa. Il vituperato aeroporto è bello, pulito e la gente è amabile. Tiro un sospiro di sollievo e mi reco alla sala d'attesa per il volo transoceanico. Il personale di terra Alitalia, con puntualità inglese e con un sorriso stampato sul viso, ci da il benvenuto, controlla biglietti e passaporti e ci fa passare dentro l'abitacolo.

Una volta pronti con le valigie di misura piccola, zaini e borse sistemati negli stipetti e le cinture di sicurezza allacciate, partiamo tranquillamente fino a prendere alta quota. Il personale di bordo non solo è molto competente, sono anche molto belli e gentili e ciò non guasta! Sembra d'essere in un set cinematografico, dove il fascino e l'eleganza di Marcello Mastroianni fluttuano nell'aria. Quest'atmosfera fascinosa fa sì che il viaggio piuttosto lungo (12 ore e 20 minuti) sia un po' meno stancante. Unica nota negativa è che la tanto chiacchierata cucina italiana non si è vista, il cibo è piuttosto cattivo e molto scarso. Non che mi importi granché, visto la mia inappetenza in questi voli ma peccato che Alitalia si faccia prendere in castagna proprio sul cibo, una delle eccellenza del nostro paese.

L'arrivo a Città del Messico è sempre confusionario. Noto con amarezza lo stato di deterioramento dell'aeroporto, vecchio, gremito e con un caldo opprimente. Una volta superata la dogana e recuperate le valigie si esce in uno spazio ancora più affollato dove ci sono più punti vendita di cibo che in un mercato. Una folata di odori ti nausea immediatamente.

Rimango qualche giorno a Città del Messico in eccellente compagnia, in un bel quartiere a misura d'uomo, con negozietti vari, spazi verdi e un bel mercato intorno. Il primo giorno abbiamo pranzato in un piccolo ristorante situato su un rumoroso viale (ma cosa non è rumoroso in una città di più di venti milioni di abitanti?) Il posto è molto accogliente e accattivante sia per via dell'arredamento messicano (teschi usati come vasi con piante verdi ricadenti “las Julietas”, porta-candele con l'immagine della madonna de Guadalupe usati come normali bicchieri) ma anche per la specialità della sua cucina: los chilaquiles (tortillas tagliate a pezzi, fritte e bagnate da varie salse piccanti, con formaggio, fagioli, pollo e altro). Da qui il suggestivo nome del restaurant: “Los Chilakiller's”, che veramente ti possono ammazzare se non sei abituato al peperoncino, deliziosi!





Dopo una bella mangiata di chilaquiles abbiamo passeggiato nei quartieri Roma, Condesa, molto famosi per il gran numero di caffè, ristoranti, bar, librerie, etc.
Al parco México noto un via vai di gente che porta fuori i cani. Si nota che si è creato una specie di “club buoni amici del cane”. Chi, come me, vuole bene agli animali ma non li bacia e abbraccia, viene percepito come un essere strano, cattivo, se non mostra sguardi mielosi e compiacenti coi pelosi e con i suoi padroni. Non sopporto questo atteggiamento di virtuosismo, un po' come sta succedendo anche con i vegani.

Mi rendo conto che sto invecchiando giacché al secondo giorno non ce la faccio più a stare in questa bella e caotica città. L'altitudine del posto non aiuta e non vedo l'ora d'essere a Tampico e godere del suo mare dall'odore salmastro, del caldo umido, dei deliziosi gamberoni e di bere una fredda “michelada” (birra ghiacciata con succo di limone).

Tampico è una città che, ogni volta che la visito, mi piace sempre di più perché ha un mare bellissimo. Amo camminare la sera sulla spiaggia, tuffarmi nell'acqua cristallina e fresca, un vero piacere. Tornare a casa coi capelli bagnati un po' salati mi fa ricordare la bella canzone di Gino Paoli Sapore di sale e inevitabilmente arriva una dolce malinconia.



Quest'anno ho fatto una passeggiata lungo il molo, per altro affollatissimo essendo periodo di vacanze e in più di domenica. La prima parte del molo è costituita di negozietti di souvenir, birrerie e ristoranti dove la musica di cumbias assorda allegramente i passanti. Man mano che si cammina verso il faro e ci allontaniamo dalla folla, possiamo godere dei rumori della natura come lo sciabordio delle onde del mare che colpiscono la scogliera, lo stridio dei gabbiani, la nave che parte, la rete silenziosa che i pescatori “apparecchiano” sull'acqua come per una cena romantica.
Nota curiosa di questa passeggiata: la scogliera è abitata da una popolosa colonia di procioni che deliziano i turisti lasciandosi fotografare e alimentare abbondantemente.







Negli ultimi anni quando vado a Tampico sono ospite di un mio caro cugino, Gerardo. Lui è sempre molto generoso e mi riempe di attenzioni. Ma la cosa più importante è che ha il dono di sorprendermi e di regalarmi sempre qualche perla da non dimenticare. Per esempio quest'anno le cose che rimarranno nel mio cuore sono la camminata sul molo, l'aver goduto dell'istante favoloso in cui il sole si avvicina al mare argentato del golfo e disegna una scia sopra la superficie, il tramonto e il pranzo al ristorante giapponese Toyama, dove ho avuto la fortuna d'osservare il tonno pinna gialla e la maestria del cuoco nel tagliarlo - anche questo è arte.

Ah dimenticavo, Gerardo mi regala sempre il mare!





Dopo qualche giorno lascio Tampico su un bus di Transpais che mi porta al Mante, come al solito il servizio è eccellente. Durante il viaggio guardo comodamente il film sulla vita dello scienziato inglese Stephen Hawking con la formidabile interpretazione dell'attore Eddie Redymayne e senza accorgermene, in un momento, sono a casa.

L'arrivo in famiglia è sempre un mix di carnevale e quaresima. Il piacere di ritrovare gli esseri amati, la mamma, le sorelle, gli amici e condividere con loro gioia e dolori... Inevitabilmente questa è la vita.

Rivedo i miei amici poeti, scrittori, beviamo qualche coppa di vino rosso e ci raccontiamo le novità. Leggiamo qualche brano delle “nostre produzioni” e passiamo ore gradevolissime. Non possono mancare cene o pranzi con altri amici e con la famiglia. Quest'anno mi hanno portata a un nuovo ristorante molto carino La Chalupa, dove preparano squisiti tacos di pesce e ovviamente a Las carnitas, il migliore ristorante di carne della città e dintorni.


Soffrendo un po' d'insonnia mi alzo molto presto, verso le cinque del mattino e, subito dopo aver bevuto il mio primo caffè, mi metto a cucinare mentre gli altri dormono. Cucinare è un'attività da me molto amata, ma una cosa è cucinare a temperatura gradevole e un'altra è cucinare di mattina presto con già 32 e 35°, si può dire un vero inferno!

Mentre taglio le verdure sento scivolare rivoli di sudore che partono dalla testa e piano piano disegnano un percorso sul mio corpo, scendono dal collo, si incurvano fra i seni, dietro la schiena per poi raggiungere le natiche e scivolare come un fiumiciattolo su cosce e polpacci. La mia attività culinaria è rapida e furiosa, vedo la doccia gelata come un'oasi da raggiungere! Nonostante patisca il caldo durante la preparazione del cibo, c'è poi la ricompensa: la grande soddisfazione di tutti i commensali al momento del pranzo.

I giorni dalla mamma trascorrono bene, la sua compagnia dolce e non invadente fa sì che il tempo scorra senza sussulti. Passo pomeriggi interi a chiacchiere con lei e le mie sorelle. Quest'anno con la presenza della nipotina Azulina la casa si è riempita d'allegria e movimento. Nei pomeriggi, durante l'ora della siesta, mentre gli altri riposano, lei si diverte a creare finti video-guida (tutorials, infine figlia di questo secolo). I suoi tutorials preferiti sono quegli di podologa. Notare bene: dico podologa, non estetista. Io le presto i miei piedi per i suoi capolavori. Altre volte fa tutorials su effetti speciali nel cinema come per esempio creare ferite - sempre nei piedi - veramente creativa!




Da qualche anno vado a Monterrey con mia sorella Lauris. Siccome Monterrey ha bisogno di un capitolo a parte, vi dirò soltanto che sono stati giorni di molta tranquillità spirituale. Una mattina in cui io e mia sorella non siamo uscite, vari elementi fortuiti hanno creato un momento sublime fra di noi. Eravamo ognuna in camera sua con le porte aperte, lei stava usando il suo tablet, io stavo leggendo un bel romanzo storico, entrambe ascoltavamo la musica di Franco Battiato e l'aria fresca entrava dalle finestre... una pace incredibile. Ad un certo punto mi sono commossa, avevo un groppo in gola. Poi all'improvviso io e mia sorella ci siamo incontrate sulla soglia della porta, tutte e due felici per la tranquillità e libertà che stavamo condividendo nel massimo rispetto di noi stesse. Credo che anche lei non dimenticherà mai quella mattina di pace. 

https://www.youtube.com/watch?v=8TyRHj4Ag34



Passo ancora qualche giorno dalla mamma e diventa sempre più difficile dirle arrivederci. Col passare degli anni l'arrivederci ha un peso diverso e un'incertezza in più. Lasciare i cari è sempre una prova di carattere non indifferente. Ogni sorella, nipote o amico in quel breve periodo lascia un'impronta dentro di me. 





Lascio il Mante ed inizio il mio viaggio di ritorno a casa in Italia. Il nastro s'avvolge all'indietro. A Tampico incontro un carissimo amico, Hiram, sono più di trent'anni che non ci vediamo. Quand'ero ragazza lui mi ascoltava pazientemente e mi dava conforto nei momenti di pura follia che solitamente attraversavo. Riabbracciarlo, vederci tutti e due invecchiati ma in fondo ancora con un pizzico di follia, è stato molto energetico, divertente. Il tempo si è fermato a quei caffè dove passavamo pomeriggi interi. Lui è un grande artista, pittore, architetto, botanico, un genio. Mi riempe di gioia e porto con me alcune sue pitture che presto rivestiranno i muri bianchi di casa mia.



Arrivo all'aeroporto di Città del Messico. Lì mi aspetta la mia amica Moira che viene espressamente da Cuernavaca per pranzare con me e salutarmi. La nostra è un'amicizia che dura da tempo. Mai fu così profetico quel breve paragrafo sull'amore e l'amicizia di José Ortega y Gasset che Moira mi scrisse nel 1980: “Un amore pieno, che sia nato nella radice della persona, non può verosimilmente morire: potrà perdere volume ma continuerà nel sottosuolo della coscienza”. Credo fortemente che ciò sia accaduto per la nostra amicizia, qualche volta si è affievolita per via della lontananza ma la sua qualità sentimentale è rimasta intatta. Grazie Moira!





Alle ore 18 del 23 agosto Moira prende il bus per Cuernavaca e io mi dirigo al check-in di Alitalia. Tutto sembra perfetto, valigia consegnata, controlli superati, non resta che aspettare l'ora dell'imbarco, l'ora della partenza alle 23:30.

Trovo molto interessante vedere al aeroporto tanti ebrei ortodossi. Tutti con gli abiti neri, la kippà, le barbe lunghe e i boccoli che scappano dalla tempia, non è facile passare inosservati. Molti di loro leggono il talmud. Ci sono anche giovane coppie con in seguito tanti bambini. Ricordo con piacere il romanzo di Chaim Potok: Danny l'eletto. Se non lo avete letto ne consiglio la lettura. Rimango veramente sorpresa della loro presenza. Per me era più usuale vederli in qualche aeroporto europeo.

Poco prima della partenza nella sala d'attesa inizio una gradevole conversazione con una donna poco più giovane di me, Albacelli. Anche lei va a Firenze dove sarà ospite di alcuni sacerdoti della chiesa di Santa Maria Novella. Con loro poi partirà per le meravigliose Dolomiti. Ci troviamo subito in sintonia, lei ha il dono della tranquillità, che di solito io non ho, essendo una persona ansiosa.

Vediamo arrivare la troupe di Alitalia e anche questa volta sembra di vedere una passerella di bellissimi modelli. Tutti, dal capitano al più umile servitore della compagnia di bandiera, sono incredibilmente belli e seducenti. Una volta pronti a partire, l'aereo si dirige sulla pista per il decollo. Pochi minuti e la virile voce del capitano ci informa che per problemi tecnici al motore sono costretti a cancellare il volo. Tutti molto dispiaciuti scendiamo dall'aereo, riprendiamo le valigie, passiamo la dogana e il personale di terra di Alitalia ci accompagna all' Hotel Camino Real che si trova praticamente dentro l'aeroporto dove facciamo il check-in per trascorrere la notte.

A questo punto io sono molto stanca e nervosa, ma Albacelli e altre giovani ragazze messicane molto carine mi aiutano a comunicare a casa la cancellazione del volo e l'incertezza circa il ritorno il giorno dopo. Quella notte Albacelli e io scegliamo di rimanere nella stessa camera nonostante ci offrano anche la possibilità di camere singole. La camera è di lusso con un letto king-size, biancheria di puro cotone, bello splendente. Il bagno è elegante, sulla gruccia sul muro c'è un bell'accappatoio a nido d'ape, che, qualora fossimo interessate, si può acquistare direttamente nella lobby, ma Albacelli e io prudentemente non l'abbiamo toccato.

La vita a volte ti da delle sorprese incredibili: poche ore prima in una sala d'attesa d'aeroporto, dove la maggioranza delle persone è impegnata col suo smartphone, io e una sconosciuta ci mettiamo a chiacchierare in perfetta armonia, poche ore dopo il destino vuole che ci troviamo insieme nella stanza di un hotel, dormiamo insieme nello stesso letto come fossimo una vecchia coppia di amiche in vacanza. Lei più giovane, si prende cura di me come fosse una sorella maggiore, mi domando se questo può succedere fra uomini... ho qualche dubbio. Intanto ora so che Albacelli è riuscita a partire con Lufthansa, che è in giro per le montagne italiane e aspetto una sua telefonata quando tornerà a Firenze, questa volta mi prenderò io cura di lei!

La mattina dopo un po' di peripezie, telefonate via Skype e mails, ricevo il mio nuovo biglietto per tornare in Italia, volo alle 20:35 con AirFrance.

Devo dire che i francesi sono molto efficienti ma molto freddi. Svolgono il loro lavoro con precisione ma manca loro quel pizzico di gioia di vivere.

Peccato. Mi sarebbe piaciuto ritornare con la bella troupe di Alitalia.


Versión en español

A finales de junio, con la llegada de los primeros días calurosos, mi cuerpo y mi mente comienzan a preparase para el clima tórrido que me espera durante mi estancia veraniega en mi tierra natal: México.

El viaje inicia siempre del aeropuerto de Peretola, en Florencia. La única novedad de este año es la línea aérea en la que viajo. Después de más de treinta años Alitalia vuelve a volar a México y yo, muy patriótica, decido partir en el avión tricolor. Salgo temprano de Florencia a Roma Fiumicino, con alguna duda sobre la eficiencia de la compañía de bandera y sobre la comodidad del tan discutido aeropuerto de la capital. Pero debo decir que mi breve pasaje ahí fue una agradable sorpresa. El vituperado aeropuerto es bello, limpio y la gente, amable. Echo un suspiro de alivio y me dirijo a la sala de espera para el vuelo transoceánico. El personal de tierra Alitalia, con puntualidad inglesa y con una sonrisa impresa en el rostro, nos da la bienvenida, controla boletosy pasaportes y nos hace pasar dentro el habitáculo.

Una vez listos con las maletas pequeñas, las mochilas y bolsas acomodadas en los compartimentos y los cinturones de seguridad abrochados, partimos tranquilamente hasta alcanzar una gran altura. Los tripulantes de cabina no solo son muy competentes, son también muy guapos y amables. ¡Y eso ayuda! Parecemos estar en un set cinematográfico, donde la fascinación y la elegancia de Marcello Mastroianni fluctúa en al aire. Esta atmosfera de embeleso hace que el viaje, más bien largo (12 horas y 20 minutos), sea menos cansado. La única nota negativa es que la tan famosa cocina italiana no se ve; la comida es más bien mala y escasa. No es que le dé importancia, vista mi inapetencia en estos largos viajes, pero lástima que Alitalia caiga en un servicio de baja calidad justamente en la alimentación, una de las excelencias de nuestro país.

La llegada al aeropuerto de la Ciudad de México es siempre de confusión. Noto con amargura el estado de deterioro del aeropuerto, viejo, lleno de gente y con un calor oprimente. Una vez superada la aduana y recuperadas las maletas se sale a un espacio todavía más lleno, donde hay más puntos de ventas de comida que en un mercado. Una ráfaga de olores te nausea inmediatamente.

Me quedo algunos días en la CdMx en excelente compañía, en un bonito barrio a escala humana, con variedad de negocios, espacios verdes y un surtido mercado a su alrededor. El primer día comimos en un restaurant situado sobre una ruidosa avenida (pero, qué cosa no es ruidosa en una ciudad de más de veinte millones de habitantes?) El lugar es muy acogedor y atrayente, sea por su decoración estilo mexicano (calaveras usadas como macetas con plantas verdes “las Julietas” y portavelas con la imagen de la virgen de Guadalupe usados como vasos normales), sino también por la especialidad de su cocina: los chilaquiles. De ahí el sugestivo nombre del restaurante,”Los Chilakiller's”, que realmente te pueden matar si no estás acostumbrado al chile. ¡Deliciosos!





Después de un buen atracón de chialquiles, paseamos por las colonias Roma y Condesa, muy famosas por el grande número de cafés, restaurantes, bares, librerías. En el parque México noto un ir y venir de gente que lleva de paseo sus perros. Se nota que se ha creado una especie de “club amigos de perros”. Alguien como yo, quien quiere bien a los animales pero no los besa y abraza, viene percibido como un ser extraño, malo, si no demuestra miradas melosas y complacientes con los peludos y sus patrones. No soporto esta postura de virtuosismo, un poco como sucede también con los veganos.

Me doy cuenta que me estoy haciendo vieja, ya que al segundo día ya no aguanto esta ciudad tan bella y caótica. La altitud del lugar no ayuda. No veo la hora de estar en Tampico y disfrutar de su mar de olor salobre, del calor húmedo, de sus deliciosos camarones y de tomar una michelada fría.

Tampico es una ciudad que cada vez que la visito me gusta siempre más, porque tiene un mar bellisimo. Amo caminar en las tardes en su playa, echarme en el agua cristalina y fresca. Un verdadero placer. Regresar a casa con el pelo mojado y un poco salado me hace recordar la bonita canción de Gino Paoli Sapore di sale ,y entonces es inevitable que llegue una dulce melancolía. 



Este año hice un paseo en el muelle, èl muy lleno de gente siendo temporada de vacaciones y domingo. La primera parte del muelle está poblada de pequeños negocios de souvenirs, bares y restaurantes donde la música de cumbias ensordece alegremente a los transeúntes. Mientras nos vamos alejando de la multitud, caminando rumbo al faro, podemos gozar de los rumores de la naturaleza como el golpear de las olas del mar en la escollera, el chillido de las gaviotas, la nave que parte, la red silenciosa que los pescadores ponen como mantel encima del agua como para una cena romántica. Nota curiosa de este paseo: la escollera está habitada por una nutrida colonia de mapaches que deleitan a los turistas, dejándose fotografiar y alimentar abundantemente.






En los últimos tiempos que vengo a Tampico soy huésped de un querido primo, Gerardo. Él es siempre muy generoso y me llena de atenciones. Pero lo más importante en él es que tiene el don de sorprenderme y de regalarme siempre alguna perla inolvidable. Por ejemplo, este año las cosas que quedarán en mi corazón son el paseo en el muelle, haber disfrutado del instante fabuloso en que el sol se acerca al mar plateado del golfo y dibuja una estela sobre la superficie, el atardecer y la comida al restaurant japonés Toyama, donde tuve la fortuna de observar el atún aleta amarilla y la maestría del cocinero a cortarlo. ¡También esto es arte!

¡Ah olvidaba, Gerardo me regala siempre el mar!





Después de unos días dejo Tampico en un autobús de Transpaís, que me lleva al Mante. Como siempre, el servicio es excelente. Durante el viaje veo cómodamente la película sobre la vida del científico inglés Stephen Hawking, con la formidable interpretación del actor Eddie Redymayne y, sin darme cuenta, llego a casa.

La llegada a la familia es siempre un mix de carnaval y cuaresma. El placer de reencontrar los seres queridos: mamá, hermanas, los amigos, y compartir con ellos alegrías y dolores... Es inevitable, ¡esta es la vida!



Veo a mis amigos poetas y escritores. Tomamos unas copas de vino tinto y nos platicamos las novedades. Leemos algunos fragmentos de “nuestras producciones” y pasamos horas muy agradables. No pueden faltar cenas o comidas con otras amistades y con familiares. Este año me han llevado a un nuevo restaurante muy lindo, La Chalupa, donde preparan exquisitos tacos de pescado. Y, por supuesto a Las Carnitas, el mejor restaurante de carnes en la ciudad y sus alrededores.

tacos de pescado La Chalupa


comida mexicana en casa de Lauris
Sufriendo de insomnio, me levanto muy temprano, como a las cinco de la mañana. Apenas tomo mi primer café, me pongo a cocinar mientras los otros, duermen. Cocinar es una actividad que en particular yo amo, pero una cosa es cocinar a una temperatura agradable y otra es cocinar en la mañana temprano ya con una temperatura de 32 y 35 grados. Se puede decir ¡un verdadero infierno!

Mientras corto las verduras, siento resbalar riachuelos de sudor que parten de mi cabeza y lentamente dibujan un recorrido en mi cuerpo. Bajando por el cuello, se curvan entre los senos, detrás de mi espalda para llegar a las nalgas y resbalarse como un arroyo entre mis piernas y pantorrillas. Mi actividad culinaria es rápida y furiosa, ¡veo una ducha helada como un oasis por alcanzar! No obstante que sufra el calor durante la preparación de los alimentos, después viene la recompensa: la gran satisfacción de los comensales al momento de la comida.

Los días con mamá transcurren bien. Su compañía dulce y discreta hace que el tiempo pase sin sobresaltos. Paso tardes enteras platicando con ella y mis hermanas. Este año, con la presencia de la nieta Azulina, la casa se ha llenado de alegría y movimiento. En las tardes, durante la hora de la siesta y mientras los otros se reposan, ella se divierte  creando videos farsas (tutorials, en fin hija de este siglo). Sus tutorials preferidos son los de podóloga. Notar bien: digo podóloga no pedicurista. Yo le presto mis pies para sus obras de arte. Otras veces hace tutorials sobre efectos especiales en el cine como, por ejemplo, crear heridas – siempre en los pies. ¡Realmente muy creativa!



Desde hace varios años voy a Monterrey con mi hermana Lauris. Dado que Monterrey será un capítulo aparte, les diré solamente que fueron días de mucha tranquilidad espiritual. Una mañana en que mi hermana y yo no salimos, varios elementos fortuitos crearon un momento sublime entre nosotras. Estábamos cada una en su recámara con las puertas abiertas, ella usando su tablet y yo leyendo una interesante novela histórica. Las dos escuchábamos la música de Franco Battiato y el aire fresco entraba de las ventanas...una paz increíble. En cierto momento yo me conmoví, tenía un nudo en la garganta. Después, de improviso, mi hermana y yo nos encontramos en el umbral de la puerta, las dos felices por la tranquilidad y la libertad que estabamos compartiendo en el máximo respeto mutuo. Creo que también ella nunca olvidará esa mañana de paz.





Transcurro todavía unos días con mamá. Siempre se vuelve más difícil decirle “hasta luego”. Con el pasar de los años el arrivederci tiene un peso diferente y una incertidumbre más. Alejarse de las personas queridas es siempre una prueba de carácter no indiferente. Cada hermana, sobrino o amigo en ese breve período dejan una huella dentro de mí.



Dejo el Mante e inicio mi viaje de regreso a casa en Italia. La cinta se enrolla hacía atrás. En Tampico encuentro a un querido amigo, Hiram; son más de treinta años que no nos vemos. Cuando yo era una jovencita, él me escuchaba pacientemente y me daba consuelo en los momentos de locura pura que normalmente atravesaba. Reabrazarlo, vernos los dos envejecidos pero en el fondo todavía con un pellizico de locura, fue muy energético, divertido. El tiempo se detuvo en el café, donde pasábamos tardes enteras. Él es un gran artista, pintor, arquitecto, botánico; un genio. Me llena de alegría y llevo conmigo algunas de sus pinturas que pronto revestirán las paredes blancas de mi casa.




Llego al aeropuerto de la Ciudad de México. Ahí me espera mi amiga Moira que viene expresamente de Cuernavaca para comer conmigo y saludarme. Nuestra amistad es de años. Jamás fué tan profético aquel breve parágrafo sobre el amor y la amistad de José Ortega y Gasset, que Moira me escribió en el 1980: “Un amor lleno, que haya nacido en las raíces de la persona, no puede verosímilmente morir: podrá perder volumen, pero continuerá en el subsuelo de la conciencia”. Creo fuertemente que esto ha sucedido en nuestra amistad, alguna vez se ha debilitado por culpa de la lejanía pero la calidad sentimental se ha quedado intacata. ¡Gracias Moira!



A las 18 horas del 23 de agosto Moira toma el autobús rumbo a Cuernavaca y yo me dirijo al check-in de Alitalia. Todo parece perfecto: maleta entregada y controles superados. No queda más que esperar la hora de embarque, la hora de la salida es a las 23:30.

Encuentro muy interesante el hecho de ver numerosos judíos ortodoxos en el aeropuerto. Con sus vestimentas negras, la kippá, las barbas largas y sus rizos que escapan de la sien, no son fáciles de pasar inobservados. La mayoría lee tranquilamente el Talmud. Las jovenes familias, muy numerosas. Me viene en mente la novela de Chaim Potok; Danny The chosen (el elejido). Si no la han leìdo, les aconsejo la lectura. Me quedo realmente sorprendida de ver estas escenas, que para mí eran más propias de algún aeropuerto europeo.

Poco antes de mi partida, en la sala de espera, inicio una agradable charla con una mujer poco más joven que yo, Albacelli. También ella va a Florencia, donde será huésped de unos sacerdotes de la iglesia de Santa María Novella. Con ellos viajará posteriormente a las hermosas montañas de las Dolomitas. Nos encontramos de súbito en sintonía. Ella tiene el don de la tranquilidad, del cual yo, siendo una persona sumamente ansiosa, carezco.

Vemos pasar la troupe de Alitalia y de nuevo parece ser una pasarela de bellísimos modelos. Todos, desde el capitán hasta el más humilde servidor de la compañía de bandera, son increíblemente guapos y seductores. Una vez listos para partir, el avión se dirije a la pista para el despegue. Pocos minutos después la varonil voz del capitán nos informa que, por problemas técnicos del motor, está obligado a cancelar el vuelo. Todos bajamos del avión muy apenados, retomamos las maletas, pasamos la aduana y el personal de tierra de Alitalia nos acompaña al Hotel Camino Real, que se encuentra prácticamanete dentro el aeropuerto. Ahí haremos el check-in para pasar la noche.

Ya en este punto yo estoy muy cansada y nerviosa, pero Albacelli y otras jovenes chicas mexicanas muy lindas me ayudan a comunicar a casa la cancelación del vuelo y la incertidumbre sobre el regreso a casa el día después. Esa noche Albacelli y yo escogimos de quedarnos en la misma habitación, no obstante que nos ofrecen cuartos individuales. La habitación es de lujo, con una cama king size y ropa blanca de algodón esplendente. El baño es elegante. En un gancho en la pared hay una bella bata de toalla en nido de abeja que, en caso de estar interesadas, se puede comprar directamente en el lobby del hotel. Pero Albacelli y yo, prudentemente, no la tocamos.

La vida a veces da sorpresas increíbles. Pocas horas antes, en una sala de espera de un aeropuerto, donde la mayoría de las personas están ocupadas con los smartphones, yo y una desconocida nos ponemos a platicar en perfecta armonía. Pocas horas después, el destino quiere que nos encontremos juntas en la habitación de un hotel y durmamos juntas en la misma cama, como fuéramos una vieja pareja de amigas en vacaciones. Ella, más joven, me cuida como si fuera su hermana mayor. Me pregunto si esto puede suceder entre los hombres... tengo mis dudas. Ahora sé que Albacelli logró partir con Lufthansa y que anda en las montañas italianas. Espero su llamada para saber cuándo vendrá a Florencia. ¡Esta vez me tocará a mí apapacharla!

Por la mañana, después de varias peripecias, telefoneos por Skype y correos, recibo mi nuevo boleto de avión para regresar a Italia. Vuelo a las 20:35 con AirFrance.

Tengo que decir que los franceses son muy eficientes, pero muy fríos. Hacen su trabajo con precisión, pero les falta la chispa de la vida.

Lástima. Me hubiera gustado regresar con la bella troupe de Alitalia.